LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Una maledizione, non c’è dubbio. Nonostante il girone di ferro e quel dolorosissimo 7-1 col Bayern, Rudi Garcia non era mai andato così vicino a passare davvero il turno. Eppure, anche stavolta è finita come le altre: tre partecipazioni alla coppa europea più importante, altrettante eliminazioni: anche con la Roma, dopo le due con il Lille. Una fastidiosa, irritante sensazione di impotenza quella con cui l’allenatore francese si ritrova a fare i conti ancora una volta. La dimensione europea è lontana, aveva chiesto di «potersi giocare la Champions», e invece deve rimandare un’altra volta. Altro che l’exploit auspicato in francese alla vigilia: anche per questo, per una volta, nel suo muro di sostegno cieco alla squadra monsieur Rudì apre una crepa: «Loro hanno più maturità, più esperienza. Noi impariamo. Dobbiamo migliorare e avere giocatori più forti se vogliamo raggiungere squadre di questo livello », sibila quasi. Poi rimedia: «È questione di fatturato». Ma è cupo, mentre riavvolge il nastro ai primi minuti di gara: «Nel primo quarto d’ora era possibile fare meglio, segnare per aprire questa partita». La testa dell’Olimpico mentre Nasri e Zabaleta cancellavano anche il ricordo di quel quarto d’ora è volata a Mosca, al gol preso al 93’ che forse ha cambiato la storia di questa qualificazione: in quel momento la Roma sembrava già agli ottavi. «Ma veramente quei minuti non sono un rimpianto — si affretta a giurare Garcia — è vero, ci sarebbe bastato il pari, ma contro il City giocare per il pareggio sarebbe stato un suicidio».
La resa di Garcia: “Non siamo ancora a questo livello”
11/12/2014 alle 09:32.
Alla fine anche Pallotta è andato a consolare Ljajic nello spogliatoio, perché le sue lacrime hanno toccato anche il presidente. E pazienza se il dg Baldissoni chiede di «non fare drammi, sennò non si cresce mai». Quelle lacrime in panchina mentre i compagni sudavano in campo sono la fotografia della serata di Adem Ljajic. Il Sassuolo lo aveva ripreso lui, da solo o quasi. Con il City ci ha provato, ma lo slalom gigante che sembrava poter riscrivere la storia della serata è poi volato sopra la traversa. Poi ha smesso di giocare, sostituito. E ha iniziato a piangere. «Ero arrabbiato con me stesso per aver sprecato una grande occasione». Sì perché Ljajic ha creduto davvero di fare un dispetto all’amico Jovetic seduto sull’altra panchina: «Siamo stati molto vicini a passare un girone molto difficile. Ma doppiamo alzare la testa». Già, perché ora c’è l’Europa League: «Ma il nostro obiettivo è lo scudetto — giurano in coro Garcia e Ljajic — ora anche di più». Sembra una promessa.