Keita: «Vincere con il gioco. Ecco perché Garcia mi ricorda Guardiola»

02/08/2014 alle 10:52.
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GASPORT (D. STOPPINI) - Fuori dall’albergo che ospita la Roma, Filadelfia va a mille all’ora: sirene di polizia, cheesesteak mangiati al volo, businessmen e universitari gomito a gomito, Hall come scenario impostato. Dentro, arriva, si siede e ci guida nel suo mondo. Che ora fa rima (anche) con Roma. «Ho trovato un ottimo spogliatoio, un grande gruppo». Detto da uno che in carriera ha vinto 16 trofei e fino all’altro ieri divideva il pranzo con , qualcosa vorrà pur dire. «, , , , , sicuramente dimentico qualcuno. Qui c’è tutto per fare una grande stagione».

Ha la percezione che sta nascendo qualcosa di importante?
«Una squadra che ha chiuso seconda è giusto che punti allo scudetto. Stiamo lavorando per questo, la società ha rinforzato la rosa. Siamo fiduciosi, ora sta a noi giocatori».

 Guardiola la definiva il suo barometro. Trova punti di contatto con ?

«Pep parlava bene di me perché ha sempre riconosciuto il mio lavoro per la squadra. è simile: anche a lui piace far giocare bene la propria squadra, avere il possesso palla e la gestione della partita. Hanno lo stesso credo: i risultati si centrano attraverso il gioco».

 Lo sa che lei nelle formazioni di inizio stagione non è tra i titolari?

«Naturale che ora tifosi e stampa diano credito a chi ha fatto bene la scorsa stagione. Ma nel calcio il passato non conta. Conterà star bene al via del campionato. E poi là le decisioni le prenderà ».

 Lei definì «una macchina». Cosa pensa di ?

«Il miglior complimento che si può fare a Francesco è ammirare la sua qualità di gioco a quasi 38 anni: se a quest’età giochi ancora a un livello così alto vuole dire che sei un grande professionista, sicuro».

 Professionista che non è Pepe. Trova normale che non sia state prese sanzioni su di lui per lo sputo di Dallas?

«Credo che la Fifa e la Uefa stiano lottando contro il razzismo. Nel calcio non ci deve essere spazio per atteggiamenti simili, ma è importante che siano i tifosi i primi a lottare».

 E in verità in Italia diverse società, tra cui la Roma, hanno avuto dei problemi in tal senso.

«Ma mi è capitato anche all’estero, sono sciocchezze, pazzie. Forse a volte è pure sbagliato enfatizzare. Sarebbe cosa buona se fossero le società stesse a punire i propri tifosi».

 E magari anche che un candidato alla Figc non si conceda uscite inopportune.

«Quello che fa una differenza tra una persona e l’altra non è il colore della pelle, ma il valore dell’uomo e il rispetto reciproco. Chi non la pensa così, ed evidentemente anche questo candidato alla federazione rientra in questa categoria, non merita spazio nel calcio e nello sport. Il calcio ha il compito di fornire la migliore immagine possibile all’esterno».

 Lei è musulmano: rispetta il Ramadan?

«Sì, sono un praticante, il mio rapporto con la religione è il migliore possibile. Osservo il Ramadan, faccio il massimo, a meno che non ci sia un doppio allenamento a 40 gradi…».

 Lei disse:«Nel mondo del calcio come nella politica c’è molta ipocrisia». Le è mai capitato di avere compagni di squadra gay?

«Tutti i modi di vivere sono leciti, c’è pure chi può decidere di scendere nudo per strada. A me non è mai capitato, ma non ne non vedrei il problema. È il bello della democrazia».

 Tornerà a vivere in Mali una volta ritirato?

«Non lo escludo, ma per ora devo pensare all’educazione dei miei due figli (un bimbo di 6 anni e una di 5, ndr). Voglio dare a loro i migliori strumenti possibili per il futuro. E una buona istruzione è più facile trovarla in Europa».

 A casa sua, a Bamako, intanto ha aperto una scuola calcio.

«Ora se ne occupa mio fratello, ma in futuro voglio seguirla da vicino e ampliare il progetto. Sogno di dare il mio contributo, vorrei che tutti i bambini maliani appassionati di pallone potessero avere in futuro l’opportunità di diventare calciatori come lo sono io».