Mancini, la rinascita azzurra

21/05/2018 alle 13:24.
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IL MESSAGGERO (G. TEOTINO) - La Nazionale della rinascita. Lo slogan scelto da Roberto Mancini ha una sua efficacia, anche se non farà facile riconquistare in tempi brevi, più che l’amore degli appassionati, pronto a risbocciare una volta passata l’estate del nostro scontento, una decente competitività internazionale, in grado di riportare la squadra azzurra ai suoi livelli storici, almeno a partecipare ai Mondiali, se non a provare a vincerli. La strada è stata imboccata: fatto il , ora bisogna (ri)fare l’Italia, scegliendo (e facendo crescere) giovani italiani all’altezza, in attesa che nascano un nuovo Baggio o un nuovo .

I NOMI Fra i primi trenta convocati da Mancini, gli Under 23 sono otto. Non moltissimi, ma neppure pochi: Donnarumma, , Romagnoli, Rugani, Cristante, Mandragora, Pellegrini e Chiesa. Alcuni – Donnarumma, Romagnoli, forse Chiesa – hanno già dimostrato di essere o di poter diventare giocatori importanti, magari anche campioni. Il problema è che la loro esperienza internazionale, ma non solo internazionale, rispetto ai pari età delle altre nazioni calcisticamente di prima fila, è del tutto insufficiente. I nostri ventenni, per non parlare dei teenager, diventano titolari in Serie A molto più tardi. I minutaggi nelle Coppe europee poi, non sono neppure comparabili con quelli dei giovani spagnoli, inglesi, francesi o tedeschi.

LE SCELTE Qualcuno ha storto un po’ il naso rispetto ad alcune scelte di Mancini, per le sue prime amichevoli contro Arabia Saudita, Francia e Olanda. Aria di deja vu, se non proprio sentori di minestre riscaldate: Balotelli, Zaza, lo stesso Marchisio, dopo una stagione da panchinaro poco utilizzato. Ma almeno loro sono uomini di mondo, hanno giocato ad alti livelli o almeno ad altri livelli. Balotelli, al di là dei noti limiti caratteriali, si è messo in mostra in Inghilterra e in Francia. Zaza ha fatto abbastanza bene in Spagna. Per restare al settore centravanti e dintorni, gli altri due convocati, per meriti domestici acquisiti, e cioè Immobile e Belotti, o sono reduci, come il bomber della Lazio, da esperienze negative all’estero (sia al Dortmund sia al Siviglia), oppure addirittura non hanno disputato neppure una partita europea, come il Gallo granata.

IL MOVIMENTO Insomma, il migliore ct del mondo – e Mancini ha le carte in regole per aspirare ad esserlo – può non bastare, se non opera in un movimento calcistico in grado di supportarlo. A tutti i livelli: dalla Federcalcio alle società agli allenatori di club. Servono riforme – quelle che il commissariamento della Figc ha per ora solo avviato – programmazione e coraggio. Altrimenti sarà tutto vano. Anche nel 2013, come quest’anno, la Nazionale Under 17 era arrivata in finale agli Europei. Oggi soltanto uno di quei ragazzi (Calabria) è titolare in Serie A e l’Italia è fuori dai Mondiali.