Cugini serpenti, il piano di John: riprendersi la Juve

03/04/2017 alle 16:27.
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IL FATTO QUOTIDIANO (C. TECCE) - Ogni tanto accade qualcosa che ridesta i conflitti mai sopiti nella famiglia Agnelli/Elkann, che ricalibragli assetti di potere, le spartizioni disegnate con sospetto. Ogni tanto - chissà se per la "tediosità di un'esistenza", per dirla con quel genio di David Foster Wallace - deflagra un episodio che scompiglia gli equilibri. E la vicenda che coinvolge la con l'ignominia di presunti rapporti con la ndrangheta - ultrà fasulli e moderni bagarini - rappresenta un momento di svolta in un racconto di parenti che, con eleganza, si detestano. Andrea Agnelli, forse, l'ha capito.

OLTRE I GIUDICI sportivi che da maggio dovranno valutare la richiesta di inibizione (si tratta di anni, non di mesi) del procuratore federale Giuseppe Pecoraro, il presidente bianconero dovrà temere il giudizio di John Elkann, il cugino non amato, l'unico erede di Gianni Agnelli. John pretende il controllo dei bianconeri, un'altra fase, un'altra alba - come dopo Calciopoli - con Alessandro Del Piero in società. Anche la tattica è definita. Con una sentenza punitiva, il giovane Agnelli dovrà lasciare la . Perché il silente John, dopo il codice della giustizia sportiva, potrebbe scagliare contro Andrea - calzante pretesto - il codice d'onore di una famiglia che non può sopportare (e suppor-tare) un rampollo condannato, pure soltanto per un giorno. John aspetta che la disgrazia colpisca Andrea, impeccabile nel mietere successi sportivi, ma legato ancora all'odiato Luciano Moggi. John osserva con plateale distacco. Non per vendetta o capriccio, ma per comandare. Con la Ferrari assegnata a Sergio Marchionne per un sontuoso vitalizio e la Fiat americana chiamata Fca, per l'immagine Elkann ha bisogno di un oggetto prezioso, luccicante, popolare. Un anno fa ha scelto di "essere" (e pesare) con il progetto di fusione editoriale Stampubblica che riguarda la cassaforte di famiglia Exor e non la multinazionale Fca. Quest'anno ha scelto di "apparire" con la scalata ai bianconeri: il risultato dipende dal tribunale sportivo. Il pericolo Elkann ha aumentato la confusione di Andrea, che ha organizzato una strategia difensiva abbastanza deleteria. In dicembre - mentre l'inchiesta sportiva era insabbiata sui giornali - ha tentato di scaraventare l'ex alleato Beppe Marotta nell'indagine della Federcalcio. Perché l'amministratore delegato, lungimirante, ha rafforzato i contatti con John e, di conseguenza, per Andrea ha assunto le sembianze di un sabotatore. Non per caso, l'ex Pecoraro l'ha scagionato in commissione Antimafia. Fallita l'offensiva su Marotta, Agnelli ha insistito con le carezze alla Federcalcio per frenare Pecoraro. All'esordio da presidente in Figc, Tavecchio era "inadeguato" per Agnelli. E poi la ha avviato un contenzioso su Calciopoli con la Federazione e, per alimentare la rivisitazione storica su quei fatti (sarà contento Moggi), ha richiesto risarcimenti per quasi mezzo miliardo di euro. All'improvviso, tre mesi fa, Tavecchio è diventato "garante delle riforme" e dunque adeguato per un secondo mandato.

IN REALTA, Agnelli ha sostenuto Tavecchio per sostenere Michele Uva, il vicino ai bianconeri. Uva è quel dirigente che è intervenuto, alla vigilia di una partita della Nazionale, per smontare il processo sportivo sulla e su Agnelli e per insultare, trovandosi, la commissione Antimafia. Non è servito. L'Antimafia procede con le audizioni, Tavecchio ci andrà con piacere e il procuratore Pecoraro prepara il processo con la stessa durezza con cui ha riempito le pagine del deferimento. John ha in mente una finalmente lontana dalle contaminazioni di Moggi, gestita a distanza con Marotta abadare alla sostanza dei bilanci e del mercato, immune all'influenza dei finti ultrà, riconoscente con il passato. Del Piero presidente è più di una suggestione.