Non è una scommessa, Zabaleta, una di quelle che stracci un minuto dopo averla giocata. Ma certezza, nell’ordine, di professionalità, carisma, impegno e qualità: se lo stato fisico sorreggerà l’argentino, la Roma avrà fatto un salto in avanti grande così, pure di fronte a un triennale milionario per un 31enne.
Un giorno a Manchester i tifosi gli dedicarono uno striscione: «Corazon de leon». Questo per far capire perché Walter Sabatini s’è messo in testa Zabaleta.
Preferibilmente a destra, spesso anche a sinistra, all’occorrenza pure a centrocampo: del Pablo giocatore è superfluo parlare. Uno che è cresciuto in fretta. Già a 12 era andato via di casa per infilarsi nelle giovanili del San Lorenzo. «Sono maturato presto, non avevo amici né famiglia, dovevo fare tutto da solo – ha raccontato tempo fa –. Al San Lorenzo facevo tutto, pulivo persino gli spogliatoi dei più grandi. Ma per me non era un peso. Sono un uomo semplice, lo dicono tutti quelli che mi conoscono».
Anche al City Pablo il tempo l’ha impiegato bene: nel 2012/13 fu votato 'player of the year' dai suoi tifosi. Lui quasi arrossì: «Sono un lottatore, questo premio va dato ad altri». Ma la verità è tutta in un’altra delle sue massime: «Io credo che il calcio sia per il 30% qualità tecniche e il 70% mentalità. La seconda cosa richiede tempo e può essere un problema». Alla Roma lo sanno bene. Per questo gli hanno fatto una telefonata.
(gasport)