IL TEMPO (L. FRASCA) - Dopo le parole, i fatti. Espressione che in chiave ultras va letta: dopo i cori, il sangue. La caccia al romanista è già partita. Una guerra annunciata a gran voce dalla Curva A del Napoli nelle partite successive alle pistolettate dell’Olimpico che hanno macchiato la finale di Coppa Italia: «Non finisce così». E ribadita, stavolta sottovoce, ai funerali di Ciro Esposito, dove gli appelli alla pace sono caduti nel vuoto. Scampia si era riunita per dire addio a un suo figlio sfortunato, ucciso per una partita di pallone. Ma il tendone a due passi delle famigerate Vele ha ospitato anche l’internazionale ultras con rappresentati delle curve di mezza Italia e non solo, laziali in testa.
Nei giorni e nelle settimane trascorsi tra gli spari e la morte di Esposito, incuranti degli appelli della madre e della fidanzata del ragazzo, sono state passate al vaglio centinaia di foto, ore e ore di video, per riconoscere, individuare e poi colpire. È caccia ai tatuaggi, soprattutto. Tratti unici e distintivi. Un tam tam che parte dal cuore del tifo violento napoletano e rilanciato dai social network, Facebook su tutti. Nel mirino gli «infami» giallorossi, soprattutto quelli che allo stadio hanno mostrato gli striscioni inneggianti a De Santis. «Non rinneghiamo un fratello», ha ribadito ieri un comunicato che porta la firma della Curva Sud. Un gesto che non è stato certo accolto come un ramoscello di ulivo dai siti di riferimento degli ultras partenopei. Sulla pagina Facebook «Curva A coerenza e mentalità» il comunicato ieri era il post d’apertura. Il commento più pacato? «Bastardi». Il resto dei contenuti è monocorde: «Romanista sei il primo della lista», «Che sia leghista o romanista... sarà odio a prima vista», «03-05-14 Romanista infame», «Ciro vive», «Hai preparato un agguato soltanto per sparare. Ti credi un ultras ma sei solo un criminale».
Prima della guerra del campionato, un’estate di guerriglia. Da Napoli a Roma si susseguono voci, racconti, frammenti. Episodi che spesso non trovano conferme ufficiali, dato che i protagonisti non sono soliti correre dai carabinieri a sporgere regolare denuncia come farebbe un comune cittadino. Teatro dei primi scontri tra ultras napoletani e romani sarebbero alcune zone del litorale abruzzese, nel Pescarese. Battaglia in territorio neutro, come si temeva. Il Tempo nei giorni scorsi l’ha scritto: la galassia del tifo organizzato vive di gemellaggi, alleanze, rivalità. Dividere il campo di battaglia tra romanisti e napoletani è semplicistico e riduttivo. I partenopei sono gemellati con Genoa, Catania, Ancona e parte del tifo del Palermo. Siviglia e Boussia Dortmund le alleate europee. Tutte tifoserie pronte a menare le mani per aiutare gli «amici». In sintesi, nessun porto è sicuro per gli ultras romanisti. I pericoli maggiori vengono dal Centro-Sud. Il tifo napolentano negli anni ha intessuto solidi rapporti con la galassia delle serie minori, con le miriadi di club di Campania, Calabria, Puglia per i quali gli ultras azzurri sono un punto di riferimento. Da Roma in giù ogni autogrill, stazione, piazzola di autostrada, potrebbe diventare un campo di battaglia.