GASPORT (F. LICARI) - Stiamo diventando come l’Inghilterra. Quand’era c.t. Fabio Capello doveva dannarsi per avere una lista decente di convocati: in Premier circa il 60% delle rose era «straniero». Negli ultimi anni quella percentuale è rimasta stabile, idem in Spagna e Francia, mentre la virtuosa Germania è addirittura migliorata. Invece è l’Italia che va in controtendenza. Dalla surreale Astana – capitale del Kazakistan dall’architettura molto postmoderna e dalla democrazia molto discutibile, sede del Congresso Uefa 2014 – il presidente Giancarlo Abete lancia l’allarme all’indomani del rinnovo contrattuale di Cesare Prandelli.
Qual è il dato preoccupante?
«Sei-sette anni fa il minutaggio dei non selezionabili di Serie A si aggirava sul 26%. Nell’ultimo campionato abbiamo superato il 50%. E i dati aggiornati al torneo in corso sono oltre il 53%: percentuale raddoppiata. Tra i 5 grandi d’Europa siamo l’unico in crescita: da ultimi a secondi».
L’ultima Champions vinta dall’Inter non aveva italiani in campo (escluso Materazzi nel recupero)…
«E poi c’è il Sassuolo molto italiano. Se prendiamo tutta la A, la media di selezionabili per squadra è 5,10 giocatori su 11. Considerando le prime non si arriva a 4. Prandelli deve allargare la sua ricerca ai club non al top. È un allarme, sì».
Trattati e regolamenti non danno scampo: federazioni e Leghe potrebbero stipulare un patto per il bene comune…
«Difficile, almeno finché giocando con tanti stranieri hai risultati sportivi e finanziari. Il giorno in cui anche i club dovessero accorgersi che troppi stranieri non portano risultati brillanti… ».
Dicono che comprare all’estero costa meno.
«Il mercato è più ampio e con diverse realtà economiche. Non dimentichiamo che in Spagna e Francia è più facile acquistare la cittadinanza. Però mi chiedo: perché il dato cresce solo da noi?».
Soluzioni?
«Invitare le società a investire e a lavorare di più sui giovani. Come federazione stiamo facendo il possibile, organizzando stage e moltiplicando gli impegni fino all’Under 15».
Sembrava che Prandelli avrebbe lasciato.
«Lo dicevano i giornali. La Figc è stata sempre contenta della qualità del gioco, del lavoro e dei risultati: 2° all’Europeo, 3° in Confederations, qualificato al Mondiale, oltretutto in un momento così difficile. Manca solo la firma, ma è tutto fatto. Per affrontare i problemi strutturali occorrono risposte lucide, programmazione, lavoro su rose ampie. La continuazione del rapporto non è legata al Brasile».
Nel futuro dell’Italia c’è la finale di Champions 2016 e l’Euro 2020.
«Tra maggio e settembre l’Uefa deciderà. L’idea è Milano per la Champions e Roma sede dell’Europeo itinerante. Due obiettivi alla portata, anche se, soprattutto per Milano, occorre completare i lavori richiesti».
Si parlerà mai di moviola?
«Violenza, razzismo, scommesse, stadi e qualità tecnica sono argomenti più urgenti. Fifa, Uefa e Board sono compatti e proprio in queste ore la Germania ha detto no all’introduzione della tecnologia sui gol fantasma: i club, non la federazione, hanno giudicato troppo costoso investire 500mila euro per stadio. La moviola alimenta giustamente il dibattito: purtroppo vedo che spesso risolve alcune situazioni ma amplia la lettura di altre. Non mi pare che, coi 5 arbitri, ci siano più stati gol fantasma».
Sia sincero: depresso dopo aver visto Real-Barcellona?
«E perché? Polemiche arbitrali durante e dopo, come da noi…».