IL ROMANISTA (V. META) - Se i primi applausi in Serie A non te li prendi subentrando a una manciata di minuti dal 90 allultima giornata, ma segnando il primo gol della stagione a Marassi a diciannove anni, cè poco da fare: non puoi essere uno come gli altri. Mattia Destro quegli applausi ogni tanto li sente ancora, è come se stessero lì a ricordargli il motivo ricorrente di tutta la sua vita: al Genoa doveva fare il vice Toni e alla prima al Ferraris era titolare, nellInter doveva stare con gli Allievi Nazionali e vinse il Torneo di Viareggio con la Primavera a sedici anni, a giugno è tornato con lUnder 21 ma solo perché Prandelli lo ha lasciato a casa allultimo dopo averlo portato in Nazionale giusto prima degli Europei. E pensare che quando giocava nelle giovanili dellInter i fenomeni erano sempre gli altri, a cominciare da Davide Santon, pupillo di Josè Mourinho e in Nazionale a diciotto anni grazie a Marcello Lippi, mentre Destro, nonostante i dieci gol sotto età con la Primavera, non rimediava neanche una convocazione in prima squadra. A volte la vita
E pensare che quando giocava nelle giovanili dellInter i fenomeni erano sempre gli altri, a cominciare da Davide Santon, pupillo di Josè Mourinho e in Nazionale a diciotto anni grazie a Marcello Lippi, mentre Destro, nonostante i dieci gol sotto età con la Primavera, non rimediava neanche una convocazione in prima squadra. A volte la vita sa essere ironica: oggi Santon viene intervistato perché racconti comera giocare con Destro. Campione dItalia ancora con gli Allievi di Bernazzani, stavolta battendo lEmpoli: l1-0 porta la firma di Obi, ma tanto Mattia aveva già fatto in tempo a lasciare il segno in quelle finali chiuse da capocannoniere con cinque gol in quattro partite. Solo pochi mesi prima, con i diciassette anni ancora da compiere, aveva festeggiato con la Primavera la conquista del Torneo di Viareggio, la finale era sempre con lEmpoli, si arrivò ai rigori e fu proprio il più piccolo di tutti a presentarsi per primo sul dischetto. Dieci gol nel primo anno di Primavera, diciannove nel secondo, quanto basta per laurearsi capocannoniere lasciandosi alle spalle proprio tutti, incluso un certo Ciro Immobile, quello che adesso nel Genoa si prende la maglia che è stata sua. Numeri che però non bastarono a convincere lInter a trattenerlo: prestito con diritto di riscatto al Genoa nellambito dellaffare che portò Ranocchia a Milano.
Doveva crescere allombra di Luca Toni, segnò allesordio in Serie A e pazienza se quellexploit non evitò ai rossoblù di farsi rimontare dal Chievo. Chi conosceva Mattia sapeva già come sarebbe andata a finire. Quello che nessuno immaginava è che lInter lo lasciasse al Genoa alla scadenza del prestito. «Vorrei riuscire a far ricredere tutti quelli che non hanno creduto in me» ammetteva qualche mese fa, quando nel Siena il suo score non era ancora arrivato a dodici reti. Può dire di esserci riuscito, anche se allInter non ha mai pensato davvero di tornarci, neanche quando sembrava che Moratti in persona volesse riportarlo in nerazzurro, forte di un rapporto privilegiato con il Genoa che proprio la cessione di Destro aveva contribuito a consolidare. «Hanno già tanti attaccanti e io ho bisogno di giocare» spiegava parlando del suo futuro giusto un paio di mesi fa.
Alla fine ha vinto la Roma, che in fondo nel suo destino cera già: a Trigoria lo avevano seguito con una certa insistenza quando aveva quattordici anni e giocava sotto età con i Giovanissimi Nazionali dellAscoli. Bruno Conti fece di tutto per portarlo alla Roma, parlò con il padre Flavio (ex difensore con 142 presenze nellAscoli) che avrebbe voluto una panchina nelle giovanili. Non la ottenne, arrivò lInter e Mattia andò a rinforzare il gruppo che fra 2006 e 2009 havinto tutto. Successi conquistati grazie a qualità tecniche notevoli (calcia indifferentemente con entrambi i piedi, sa farsi valere nel gioco aereo e quando va via in velocità è difficile fermarlo e anche buttarlo giù), ma anche a un gran carattere. Sorridente, sguardo azzurro e guizzante, Destro è uno a cui è difficile non volere bene, un po per la battuta pronta e un po per quellaccento ascolano che è il suo marchio di fabbrica. Festeggia i gol ballando con la bandierina del calcio dangolo e nel Siena ci aveva messo poco a contagiare anche motli dei compagni di squadra.
Nella Roma sperava un po di poter ritrovare Fabio Borini, lamico di sempre con cui però riesce a giocare soltanto in azzurro: «Fosse la volta buona...» scherzava. Estroverso quanto Borini è silenzioso, Mattia è uno di cui gli allenatori hanno sempre detto che ha margini di miglioramento enormi. «Per questo allenarlo è una cosa che può dare grandi soddisfazioni» ha detto di recente Serse Cosmi, che pure sapeva che non lo avrebbe avuto a disposizione ancora per molto. Anche per questo Zeman lo ha voluto così fortemente. Il suo biglietto da visita a Roma Destro lha lasciato segnando un gran gol alla Lazio proprio allinizio del 2012, ma a ben guardare da queste parti aveva già dato spettacolo ai tempi in cui Mourinho non lo vedeva nemmeno. Gennaio 2010, amichevole Italia-Turchia Under 19 a Latina: nellunidici titolare di Piscedda ci sono tre romanisti (Crescenzi, Brosco e DAlessandro), ma a sbancare è lallora centravanti dellInter, tre gol uno più bello dellaltro, tanto da far passare in secondo piano perfino lesordio in nazionale del nipote di Boniperti. Se ci riesci non puoi essere uno come gli altri.