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De Rossi: "Roma, io ti aspetto"

06/10/2011 alle 10:11.

IL MESSAGGERO (U .TRANI) - «Non ho dato alcun ultimatum alla Roma: la contrattazione è però in una fase di stallo». Daniele De Rossi, come al solito diretto, si limita all’essenziale, sapendo quanto sia delicato il discorso sulla negoziazione con la Roma per il rinnovo del contratto. Spiega quello che può e vuole chiarire. Conferma che non giocherà mai in un’altra squadra italiana. «Solo nell’Ostiamare, da vecchietto». Precisa che «la situazione è tranquilla»



Luis Enrique gli ha fatto studiare Oriol Romeu, regista ventenne del B e appena passato al Chelsea. «La posizione centrale è la mia preferita. Contro l’Atalanta mi sono spostato un po’ più avanti. In Nazionale gioco da intermedio: se sto bene, funziono comunque. Luis Enrique non viene da Marte, sa che ho giocato pure da mezzala. Nella Roma altri, come Pizarro e Viviani, possono giocare dove ora sto io: deciderà il tecnico se spostarmi. Se mi mette lì è perché pensa che sia meglio per la squadra. Mai avuta la smania del gol, anche se segnare piace a tutti. Ho capito i movimenti guardando al video il mediano centrale del B. Un ragazzo, bravissimo. Mi sento centrocampista, regista e interno. Poi l’altro giorno i compagni mi hanno detto che diventerò difensore per allungare la carriera. Più che il ruolo contano testa e voglia». Le ambizioni della nuova Roma. «Ma come si può parlare di scudetto se fino a due partite fa molti, anche tra i miei colleghi, ci davano come candidati alla retrocessione?. Aspettiamo di vedere che cosa accadrà più avanti, quando mancheranno poche gare. C’è stato un cambio totale, societario e tecnico. Vedremo se saremo da primo posto, da
o da altro. Conosco Luis Enrique da due mesi, servirà ancora tempo. Le prime impressioni sono positive».




L’elogio di DiBenedetto. «Capisce di calcio più di tanti giornalisti e dirigenti italiani. Con Rosella stavamo da Dio, faticavamo a darle del lei. Ci parlava con il cuore. Ora è diverso, ma ormai bisogna pensare al calcio più come azienda. Negli Usa non è popolare, ma basta portare la capacità imprenditoriale del baseball e del football». Il derby da Coverciano. «Qui penso alle due gare con l’Italia. Può essere un vantaggio. Ma pure quando l’ho vissuto a Trigoria sono arrivato bene alla sfida contro la Lazio». Il suo futuro, non in Italia. «Tre club italiani mi affascinano. Mai, però, passerò a una squadra del nostro campionato. Il è una grande piazza, ma tra le à c’è troppa rivalità. Punto a giocare altri cinque-sei anni al top, poi faro un’esperienza di vita lontanissimo: Cina, Giappone, Usa o Australia. Meglio smettere quando sei in forma e non andar via perché non ti sopportano più». e Nesta non più azzurri. «Li avremmo voluti agli Europei e ai mondiali. Francesco, conoscendolo, non tornerebbe mai per una gara d’addio, ma per giocare». Prandelli simile a Luis Enrique. «Due giovani che puntano sul bel gioco. Entrambi vanno a cercare il risultato allo stesso modo: fraseggio, possesso palla e qualità». A Belgrado. «Sarà gara vera. Davanti a un pubblico che si farà sentire, ma senza violenza, dopo lo choc dell’andata».