GASPORT - Tra un commento sull'emergenza Coronavirus e un ricordo del passato alla Roma, l'ex giallorosso Paulo Roberto Falcao, il "Divino", ha rilasciato un'intervista al quotidiano sportivo. Uno stralcio delle sue dichiarazioni:
Falcao, come vanno le cose al tempo del coronavirus?
«Siamo chiusi in casa, da un paio di settimane non esco per niente. Parlo tutti giorni con i miei amici in Italia, di recente ho chiamato Sandro Bonvissuto. Ha scritto un libro («La gioia fa parecchio rumore», ndr ) in cui in copertina ci sono io che esulto di spalle. Non cita mai il mio nome, ma il romanzo racconta in realtà proprio di me, parla di un personaggio che ha finito con cambiare tutto. Un po’ la storia della Roma, che prima non vinceva mai...».
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Se in Italia non si dovesse ripartire, sarebbe giusto assegnare il titolo alla Juventus?
«Non so se sarebbe giusto, la Lazio è ad un solo punto... A differenza dell’Inghilterra, dove sarebbe invece giusto assegnarlo al Liverpool, visto il largo vantaggio che ha sulla seconda in classifica. Ma vedere il calcio italiano in Brasile ora è difficile, non ci sono molte partite in tv. E ho avuto poche occasioni per vedere la Roma».
Già, la Roma. Ad agosto saranno 40 anni del suo sbarco nella Capitale.
«Arrivai pensando che in Europa sarebbe stato diverso, mi aspettavo meno calore del Brasile. All’aeroporto pensavo di trovare qualche dirigente, due o tre giornalisti. E invece c’era un fiume di gente, tutta lì per abbracciarmi. Non perché era arrivato Falcao, ma la speranza di poter cambiare».
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Quale brasiliano si sente di consigliare alla Roma?
«Neymar va bene? Scherzi a parte, se potessi vedere le partite della Roma avrei anche un’idea di cosa ha bisogno in questo momento la squadra».
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In Brasile su chi si sente di puntare?
«Al Flamengo c’è Gabigol: gran tiro, scatto, forte di testa. Poi Bruno Henrique, che ha una velocità che mette paura. E a centrocampo Gerson. Ma perché Gabigol e Gérson non hanno sfondato in Italia? Di certo non si sono dimenticati di come si gioca al calcio. Tite, il c.t. della Seleção, ora ha a disposizione una grande generazione».
Per chiudere, quali sono i giocatori più intelligenti con cui ha giocato?
«Il calcio si gioca prima con la testa e poi con i piedi. I grandi giocatori vivono di intuizioni. Senza citare quelli della Nazionale brasiliana, mi viene in mente ad esempio Tardelli: sapeva muoversi, marcare, inserirsi e dosare le energie. E poi Bruno Conti: grandi intuizioni, ma anche molto intelligente. Ma se proprio devo sceglierne uno, dico Pruzzo: in area di rigore era sempre in grado di fare la mossa giusta».