LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Roma e Napoli hanno trascorso le loro ultime stagioni a sfidare la Juventus. Il risultato è stato sempre lo stesso. Loro dietro e la Juventus avanti, in un misto di logica e fatalità, di tradizioni (dei vincenti seriali) che sconfiggono le paure (dei perdenti
altrettanto seriali) e di desideri che si guastano in corso d'opera, per eccesso di foga. Nemmeno Sarri e prima di lui Garcia (il più vicino al titolo tra gli allenatori giallorossi) hanno dimostrato di avere in canna il colpo giusto per prendersi il banco al momento giusto (due cose che debbono andare di pari passo). Nessuno ha mai sferrato un vero gancio al mento della Signora, forse per galanteria. E così anche quando ha vacillato la Juventus si è rimessa in piedi portando a casa l’incontro, ossia lo scudetto, gli scudetti. Adesso è un po' diverso, Sempre accomunate da un'ansia irrisolta e da un gioco intermittente, Roma e Napoli arrivano allo scontro diretto con sensazioni opposte. E non in primissima fila. Il Napoli è vestito a festa, ogni volta vorrebbe spaccare il mondo, tutti aspettano il miracolo di San Lorenzo (Insigne) ma alla fine tutti, gli stessi di prima, scoprono che Pulcinella ha in realtà il volto di Pierrot, che il miracolante Inisigne non basta e che qualcosa sugli esterni non funziona più con la stessa meccanica illuminata (Ghoulam è quasi un ricordo). Per due volte è andato in vantaggio contro la dirompente Atalanta e per due volte il Napoli non è riuscito a trasmettere a se stesso e ai suoi tifosi (allenati al disagio) un senso di sicurezza. La Roma, al contrario, si presenta alla sfida con un punto in più degli avversari. cosa inimmaginabile sino a un mese fa ma che può accadere in un campionato in cui basta mettere in sfere due vittorie di fila per ribaltare la propria classifica. In più la Roma può contare su due altri elementi: il fatto che abbia cominciato a costruire una sua riconoscibile identità, soprattutto emotiva, proprio nel momento di massima emergenza numerica con la sua rosa decimata dagli infortuni e il fatto, decisamente non secondario, di aver dimostrato di saper impostare un contropiede come se per un momento Mancini fosse Fernandinho, Dzeko De Bruyne, Pastore Silva e Kluivert Sterling ossia come se la Roma fosse per dieci secondi il City di Guardiola, la bellezza della rete di Kluivert a Udine è non solo una delizia per il palato e per gli occhi, ma anche una formidabile benzina per la convinzione futura di un gruppo dalla rabbia giovane e dai senatori motivati. Ma occorre continuità d'ispirazione. E per Fonseca, che teme solo la stanchezza del suoi che hanno giocato in 10 per un'ora (Cetin per Fazio?), il Napoli è l'esame ideale. Ancelotti (stamattina si discute alle 11 il suo ricorso d'urgenza contro la squalifica) attacca con una sua logica, non brillantissima, e fa giocare. Vince chi ruberà palla più alto e più spesso o chi ripartirà copiando i disegni di Pep: splendore nell'erba.
Sorpresa Roma: adesso per il Napoli è l'esame più duro
02/11/2019 alle 14:53.