IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Chi sa le cose, assicura che dietro la sua assenza a Reggio Emilia non c’è stato, e non c’è, nulla di misterioso. O, ancor meglio,di polemico. Francesco Totti aveva avvisato da almeno tre settimane i colleghi dirigenti che non sarebbe stato al Mapei Stadium per motivi personali. Questo, però, non significa che Francesco sia felice e contento di quanto sta accadendo intorno a lui nella Roma. Troppe cose, ormai da due anni, non gli tornano ma - per ora - ha deciso di restare tranquillo. E in attesa. Non è il momento, questo, per ulteriori scossoni emotivi: il caso De Rossi ha sconquassato l’ambiente, ecco perché c’è necessità che la situazione torni un minimo normale. Totti resta in attesa che qualcuno lo investa di un ruolo operativo; che non lo consideri soltanto un gagliardetto da sventolare a secondo delle occasioni e delle necessità. Ma, con il vuoto di potere che oggi riempie Trigoria, sa che c’è ancora bisogno di tempo. Il tempo per definire, ad esempio, chi realmente comanda nella Roma. E stabilisce ruoli e compiti. Mai dimenticando, però, che chi muove le leve del comando non è esattamente (e da anni) un suo estimatore. E, forse, anche un suo sponsor. Tipo Franco Baldini.
NO AL GIOCO ALTRUI - Totti ha in testa, praticamente dal giorno dopo il suo addio al calcio giocato, di dirigere il compartimento tecnico della Roma: si sente in grado di dare una mano, vorrebbe mettere al servizio del club la sua esperienza ma finora - tranne la telefonata di inizio marzo a Claudio Ranieri - è rimasto a guardare il lavoro altrui. Con un ricorrente pensiero in testa: perché? Perché, dopo due anni, non ho un ruolo? Le parole che indirettamente gli ha regalato il ceo Fienga durante la conferenza stampa di De Rossi, più che quelle dirette dell’ex compagno, l’hanno sorpreso: non si aspettava un ridimensionamento così pubblico,ma - ufficialmente -non ha accusato più di tanto la botta. Anche per non agevolare il gioco di chi vorrebbe fargli fare a vita il gagliardetto o addirittura l’ex dirigente,si sussurra. Ma tutto, anche nel calcio, ha un limite. Spesso la maniera migliore per risolvere dubbi, interrogativi e problemi è affidarsi alla sincerità. Alla chiarezza. Già, ma nella Roma chi è in grado di garantirla: uno che sta a Boston, uno che vive a Londra o un dirigente che oggi lavora a Torino? Sembra più una questione di voglia, però, che di lingua o geografia.