IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Il rischio che questa edizione della Champions venga ricordata per gli errori arbitrali anziché per la rovesciata di Cristiano Ronaldo a Torino, gli 11 gol di Salah o l'exploit della Roma, è dietro l'angolo. Il palcoscenico, gara dopo gara, è sempre più ad appannaggio dei vari Brych, Skomina, Cakir, Oliver, Marcianiak, Makkelie, Kuipers e Lahoz, fischietti scelti, preparati e designati da Pierluigi Collina (dal 2010 designatore europeo). Impossibile in questi casi non pensare a lui. Perché non si tratta più di un errore, del classico caso isolato ma di una routine che ha già falsato la competizione. Dagli ottavi in poi, non c'è stata gara che non si è portata dietro uno strascico di polemiche e veleni, poi avvalorati dalle immagini televisive. Partiamo con le italiane: prima del confronto con il Real, la Juventus aveva già subito un grave torto negli ottavi contro il Tottenham. A Londra non viene concesso un clamoroso rigore per fallo su Douglas Costa. La qualificazione ai quarti, archivia l'errore dell'arbitro Marciniak. Nel doppio confronto con il Real Madrid, c'è da sbizzarrirsi: il fischietto turco Cakir all'andata non concede un penalty allo scadere per atterramento di Cuadrado mentre il suo collega Oliver, al Bernabeu, dopo aver adottato ammonizioni a comando (quasi sempre monoparte) per tutta la gara, al 91' assegna un rigore alle merengues per un contatto tra Benatia e Vázquez che ancora fa discutere. Come non può passare sotto traccia quanto accaduto nella semifinale tra i blancos e il Bayern Monaco: un rigore non fischiato a Monaco dall'arbitro Kuipers (Carvajal su Lewandoski), ben tre non visti nel ritorno a Madrid dal collega Cakir (due per altrettanti falli di Ramos su Lewandoski e il clamoroso tocco con la mano di Marcelo). Anche la Roma può alzare la voce. Con il Barcellona, al Camp Nou, il fischietto Makkelie sorvola su un paio di rigori: il primo sullo 0-0 per un evidente spinta di Semedo su Dzeko. L'altro, poco dopo l'autogol di De Rossi: il fallo su Pellegrini in area viene invece trasformato in una punizione dal limite. Con il Liverpool sia all'andata con il tedesco Brych (terzo gol dei Reds è in fuorigioco) che al ritorno con lo sloveno Skomina (mani clamoroso non visto sul 2-2 di Alexander-Arnold che doveva essere anche espulso; fuorigioco inesistente fischiato a Dzeko che poi si procura un rigore dopo che Karius gli frana addosso) è la sagra dell'errore. Skomina che l'altra sera, oltre a dare il contentino ai giallorossi a partita conclusa - concedendo un rigore a dir poco dubbio (Klavan ha la mano attaccata al corpo) - aveva già provveduto a rovinare l'ottavo tra Chelsea e Barcellona non concedendo un penalty nettissimo per un fallo di Piqué (che andava espulso) su Marcos Alonso.
DISASTRI (SEMI)FINALI - Tornando ai Reds, Klopp non può proprio lamentarsi: prima della Roma, era stato agevolato anche nei quarti con il Manchester City. Nel ritorno, infatti, l'arbitro Lahoz annulla ingiustamente il 2-0 alla squadra di Guardiola per un inesistente fuorigioco di Sané. Una serie infinita di errori alla quale sarebbe semplice porre rimedio. Come? Utilizzando il Var. La Champions, però, lo rifiuta. Preferendo rimanere nel medioevo calcistico, dove vincono non sempre i più forti ma sicuramente i più potenti.