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Finalmente si canta 'Grazie Roma'. La Roma col cuore sfata il tabù Olimpico

05/04/2015 alle 10:40.
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IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Non bella, ma efficace: poco gioco, tanto cuore. Alla Roma servivano tre punti per passare una Pasqua serena da sola al secondo posto in classifica, rintuzzare l’attacco della Lazio che vince a Cagliari e resta a -1 e soprattutto radere al suolo le ambizioni del di Benitez. Ma anche per spezzare una maledizione che durava dallo scorso 30 novembre: ultima partita vinta all’Olimpico dalla squadra di in campionato contro l’Inter. Lo ha fatto, grazie al gol di (al quale il porta particolarmente bene: sua la doppietta nell’ultimo scontro diretto all’Olimpico), ma anche perché ha avuto per una volta la forza di stringere i denti e portare a casa un risultato importantissimo: entusiasmo, voglia, carattere.

IL GIOCO CHE NON C’È Il bel gioco è un’altra cosa, per quello nemmeno le due settimane di stop sono servite a molto, ma avere una squadra che lotta fino all’ultimo pallone, anche quando nel finale il si è impossessato del pallino del gioco, è già un progresso per il povero che continua a fare di necessità virtù. Perché se è vero che la Roma non ha brillato, è altrettanto innegabile che il tecnico francese ha dovuto fare a meno di molti titolari oltre ai degenti di lungo corso: e Gervinho (ossia due terzi dell’attacco titolare) su tutti. Ne ha risentito inevitabilmente la manovra offensiva, ma soprattutto il gioco: perché senza la visione di gioco del capitano e la veloce profondità dell’ivoriano i giallorossi sono costretti a cambiar modo di muovere la palla: e non è un caso se il gol decisivo arriva proprio con un movimento di «mascherato» da Gervinho. Ottima intuizione di che lo manda sul fondo, palla indietro per l’inserimento di e vantaggio romanista.

LA STECCA DI  Sul gol, bello e importante, qualcosa da ridire c’è eccome. E non tanto per l’azione, praticamente perfetta, ma per l’esultanza di un calciatore che gioca finalmente una gara ai suoi livelli e dopo la rete si sfoga contro tifosi e stampa: Platealmente: il gesto è chiaro oltre a un labiale inconfondibile nonostante l’utilizzo dell’inglese. Mah... Come dire: avete visto? So anche segnare. E, gol a parte, era ora verrebbe da dire. Che poi è proprio quello che i tifosi, gente che paga il biglietto e quindi ha tutto il diritto di protestare quando vede qualcosa che non va, chiedono al secondo giocatore più pagato della Roma dopo . Per quasi quattro milioni di euro l’anno qualche critica (visto come ha giocato questa seconda parte di campionato) può anche accettarla... o no!?

GIORNALISTI E D’INTORNI Sulla stampa «no commet», trattasi di storia vecchia risalente addirittura ai tempi di Capello (anche prima) che poi però a Roma ha vinto uno scudetto: «È sempre colpa dei giornalisti», «la Capitale è la piazza più difficile» e via dicendo. Nulla di nuovo all’orizzonte e basterebbe giocare bene al calcio (che non vuol dire solo vincere ma metterci tutto, dare il «fritto»): vedere la scorsa stagione nella quale la Roma, pur nun vincendo nulla, ha rimediato applausi a scena aperta su tutti i fronti: stadio, tifosi e anche dai media che l’hanno fin troppo celebrata.

NUMERI DA DIESEL Resta un successo arrivato 125 giorni dopo l’ultimo in casa che conferma un trend ormai chiaro: la Roma continua a segnare poco e a farlo sempre meno con gli attaccanti: un gol «decisivo» di un attaccante non si ricorda da tempi andati (segnò al Verona il 22 febbraio ma non fu determinante). Questa è l’ottava vittoria su quindici con un solo gol di scarto e, a dimostrazione che la Roma incassa anche poco, è la quindicesima senza incassare gol. Merito di una difesa solida guidata egregiamente dal greco (ancora una volta tra i migliori) e ieri anche da un in grado di passare dall’imbarazzo del Sassuolo a giornate di grazia che lo rendono un imbattibile. Anche questo è un segnale e ora toccherà a (che ieri ha portato in parità 3-3) i suoi scontri diretti col «maestro» Benitez, valutare se basterà a questa Roma per entrare nella prossima dalla porta principale.

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