IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Ibarbo a casa davanti alla tv, Spolli in tribuna, Doumbia in panchina, al fianco del suo amico Gervinho: ecco la serata dei tre rinforzi (rinforzi?) di gennaio della Roma. Non esattamente quanto speravano i tifosi giallorossi prima della riapertura delle trattative. Tre neo acquisti, tre pedine inutili in occasione di una partita tanto delicata quanto importante per il club di Trigoria. Vabbè, pazienza. Sarà per la prossima settimana, forse, quando i viola saranno all’Olimpico. Ma la sensazione, fortissima, che le operazioni di riparazione siano state completamente toppate diventa giorno dopo giorno una certezza. Prendiamo Doumbia, ancora non a posto atleticamente dopo una lombalgia rimediata per colpa di un materasso birichino. O almeno questo è quanto ha fatto trapelare la società. Doveva essere il vice Totti, Seydou l’ivoriano, ma continua a non giocare neppure quando il capitano non figura nella lista dei convocati. E, allora, ci si chiede: quando potrà essere davvero a disposizione di Rudi Garcia? E un’altra domanda: ma se non è ancora in condizione, perché - come accaduto a Verona domenica scorsa - va in panchina? Contro il Chievo non è stato preso in considerazione neppure per l’assalto finale, e la Roma ha chiuso senza un gol all’attivo; ieri sera, complici infortuni e quindi sostituzioni obbligate, lo stesso. Ma, lo ripetiamo ancora una volta, il meno colpevole in questa grottesca situazione è proprio Doumbia, arrivato in Italia con le gomme a terra dopo settimane e settimane di inattività. Se mai, ecco il punto, c’è da chiedersi ancora una volta perché sia stato preso nonostante la sua salute un po’ precaria.
IL CAPITANO MALIANO - Al di là del mancato utilizzo di Doumbia, la Roma a Firenze ha costruito qualcosina ma quando ha avuto la possibilità di far male a Neto ha sprecato troppo, vero Ljajic?, vanificando uno straccetto di gioco. Ha regalato il gol alla Fiorentina con uno scellerato passaggio orizzontale di De Rossi (errore clamoroso: anzi, un orrore tecnico, come quello di Ljajic) e lo stesso Adem ha poi calciato un orrore di rigore al cospetto del suo amico Neto, che lo conosceva benissimo. Poi, però, ci ha pensato l’altro Seydou, quello maliano, cioè Keita, con la fascia di capitano al braccio a tenere alta la testa della Roma, che ha chiuso con un risultato pesantemente condizionato dagli errori/orrori. Tra una settimana sarà un’altra storia, chissà. La qualificazione è ancora lì, a portata di mano. Ma basta sbagliare, please.