CORSERA (A. COSTA) - «Io parlo due o tre volte allanno. È sempre pericoloso quando un presidente parla troppo. Sono lallenatore e i giocatori che hanno un ruolo pubblico». Nicola Cortese, quarantacinquenne di Catanzaro Lido, carriera rampante nel mondo bancario in Svizzera
Nel 2009 il Southampton annaspava in terza divisione ed era sullorlo del fallimento: in qualità di consulente della famiglia di Markus Liebherr, industriale svizzero, Cortese lo rilevò per 12 milioni di sterline (meno del costo di Osvaldo) ricevendo carta bianca nella gestione e nella pianificazione delle strategie di sviluppo del club «la cui immagine era distrutta». Oggi il Southampton è una società che sprizza salute. Nessuno osa mettere in discussione la leadership del manager di origini calabresi e la proprietà si limita a passare allincasso degli utili, lequivalente di due milioni e mezzo di euro nei primi 6 mesi di questanno. «In effetti confessa Cortese con una punta di compiacimento mi sento il proprietario morale del club». Il progetto originario prevedeva il ritorno alla dignità del grande calcio in 5 anni («Quando lho illustrato mi hanno riso dietro»). In realtà dopo 3 stagioni il Southampton era già in Premier League e oggi la sua macchina organizzativa è un punto di riferimento per il calcio continentale. «Ho dovuto ricostruire la società dalle fondamenta. Nel 2009 gli impiegati erano 90, ora sfiorano i 250. E lAccademia era morta: labbiamo rilanciata mettendo leducazione dei nostri ragazzi al centro del progetto. Questanno in una partita abbiamo schierato tre diciottenni del vivaio nellundici iniziale: in Premier League non era mai accaduto».
E nei primi mesi del prossimo anno anche il centro sportivo del club sarà pronto: «Determinante è stata una visita che ho fatto a Milanello dieci anni fa. Il college rossonero è diventato un po il mio riferimento, ho avuto la sensazione di essere in una famiglia, quel luogo aveva fascino». Per realizzare il suo miracolo il presidente made in Italy ha puntato sul cosiddetto «Southampton way», il modo di essere, lo stile di chi lavora per il Southampton: «Qui le gerarchie esistono solo sulla carta, non voglio che mi chiamino presidente. La nostra squadra non è composta soltanto da 11 giocatori, dopo quattro anni abbiamo tanti talenti, non solo in campo. Siamo diventati una famiglia. Southampton way significa puntare sempre sulla qualità e riuscire ad essere i migliori in tutto quello che facciamo. Non vogliamo imitare gli altri, vogliamo che siano gli altri a imitarci».
Tifoso della Roma («Però quando sono stato a Trigoria a trattare Osvaldo mica lho detto»), Cortese vive di calcio ma non va pazzo per il calcio («Amo il mio lavoro e non mi piacciono le partite: quando la mia squadra gioca in trasferta me ne sto a casa»), del quale possiede una concezione rigorosamente manageriale («Non lavoro in un club ma in unazienda che produce calcio»). Ovvio che ai suoi occhi le nostre miserie appaiano amplificate («Mi mette tristezza vedere comè ridotto il calcio italiano: credo gli manchino rispetto, idee e umiltà») ma un giorno qualcuno potrebbe chiamarlo, moderno Padre Pio, a guarire la serie A: «Ho sangue italiano e faccio le vacanze a Forte dei Marmi. Però non so cosa mi riserverà il futuro».