GASPORT (A. ABODI) - Il rapporto tra il tifoso e lo stadio rappresenta uno dei punti cardinali dei fattori di debolezza del sistema calcistico italiano. E fin qui non cè novità visto che se ne parla da anni. Qualche mese fa La Gazzetta dello Sport presentò il progetto «Il calcio che vogliamo» che si poneva lobiettivo di favorire la traduzione in
Piuttosto mi permetto di contestare lutilità della Tessera del tifoso, i limiti tecnologici nella certificazione in «tempo reale» del diritto di accesso di una persona, lobbligo del documento per un bambino, il divieto altro esempio emblematico di entrare con un ombrello in stadi spesso scoperti. Il tema ha bisogno di fatti: impianti nuovi o ristrutturati, sicurezza, acquisto semplificato dei biglietti, politiche di fidelizzazione e servizi per i tifosi, comportamenti e linguaggi adeguati da parte dei protagonisti. Nella ricerca delle soluzioni, è necessario raccogliere dai principali interlocutori istituzionali la disponibilità a ragionare insieme al mondo del calcio e sempre insieme trovare risposte rapide, di buonsenso e integrate tra loro. Il premier Letta nei suoi discorsi dinsediamento al Senato e alla Camera ha affrontato, per primo nella storia repubblicana (!), i temi dello sport e delle infrastrutture sportive. Con quello che succede in questi giorni sono a disagio a richiamare quellimpegno ma anche nelle emergenze bisogna avere la capacità di dare un senso di normalità alle agende nei vari settori, quindi anche il «nostro» tema può e deve andare avanti con il contributo di chi ha ruoli e responsabilità, che non devono solo rappresentare uno status, ma testimoniare concretamente il senso dellopportunità di contribuire alla crescita e allo sviluppo di un sistema a misura di persona. Vale per il problema in questione, ma, evidentemente, non solo.