IL ROMANISTA (M. IZZI) - Non inizierò il ricordo di Antonio De Falchi, barbaramente assassinato a Milano, il 4 giugno di 23 anni fa da quella mattinata maledetta. Mi torna in mente quello che accadde una settimana più tardi l11 giugno 1989. La Roma giocava allo stadio Flaminio contro la Fiorentina una partita fondamentale per laccesso alla zona UEFA. La Roma doveva assolutamente vincere per insidiare alla Fiorentina la qualificazione europea. Latmosfera sugli spalti, però, era di tuttaltro indirizzo.
Latmosfera sugli spalti, però, era di tuttaltro indirizzo. Ricordo i cori, la rabbia della gente, il senso di stupore, un perché ? senza risposta che rimbombava di bocca in bocca. Il 7 giugno cerano stati i funerali. Sebino Nela che era in campo aveva visto la sua maglia sul feretro di quel ragazzo di 19 anni. Era stato lo stesso Sebino a donargliela e in quel terremoto emotivo non aveva potuto trattenere le lacrime. Un ragazzino prima dellinizio della gara scavalcò per deporre un mazzo di fiori a centrocampo. Correva, ma era piccolo e ci mise uneternità, accompagnato dallapplauso di tutto il Flaminio. Anche Giuseppe Giannini depose dei fiori gialli e rossi, fu una cosa emozionante.
Altre due cose che mi tornano sempre alla mente quando penso ad Antonio De Falchi. La prima è il minuto di silenzio prima dellinizio della gara con la panchina viola in cui Santarini, Eriksson e Pruzzo erano in piedi, impietriti nella buca della panchina. Dalla Curva li vedevo, fermi. Roberto aveva lo sguardo fisso, le mani dietro la schiena
la seconda immagine all87, tre minuti alla fine. Rudy Voller si gettò su un pallone a volo dangelo rischiando di beccarsi un calcio in testa e mise in rete il pallone che decise la gara. Si rialzò ed esultò indicando con il dito il cielo, come per dire: Questo è per te. Fu una giornata bella e tremenda allo stesso modo, perché tutte le partite del mondo non valgono un minuto della vita di un ragazzo di 19 anni, un ragazzo che ha appena iniziato a spiegarsi alla vita. Questo penso ricordando Antonio De Falchi, ma la storia inizia alla stazione centrale di Milano la mattina del 4 giugno. Assieme ad alcuni amici De Falchi ha seguito la Roma in una trasferta tremenda a Milano. Ci aspetta il Milan di Sacchi, quello di Carlo Ancelotti: «Ma se po giocà contro Carletto?». Si pensano queste cose prima di una partita, non si può prevedere uninfamia come quella che si sta per verificare, non si può accettare che esistano individui che si recano allo stadio non per tifare per la propria squadra, qualunque essa sia, ma per fare del male, per assalire in branco e colpire con una furia ceca, bestiale. La gara inizia alle 16 ma alle 11:35, De Falchi è già allo stadio con il biglietto, ingresso numero 16, già nelle tasche. Per un ragazzo a cui piace fare il tifo, la partita inizia a quellora. Entri, osservi latmosfera, partecipi ai cori, scherzi con gli amici, giochi a carte. In quegli anni non cera telefonino, non cerano computer portatili, arrivavi sugli spalti dello stadio e per un po staccavi la spina da tutto. Ci si diverte con poco, si divideva la roba da mangiare che tutti hanno portato. «Ho due panini al prosciutto, ne vuoi uno?». Passavano così le ore allo stadio, a volte lunghissime, a volte rapide. Passavano così per i bravi ragazzi, per i tifosi veri. Il 4 giugno 1989, però, acquattati dietro ad una struttura di cemento, cerano un gruppo di balordi in attesa di entrare in azione. Avvistano un gruppo di romani, verificano la loro intuizione con una semplice domanda: «Avete una sigaretta? ». I trenta entrano in azione inseguendo i 4 ragazzi romani. Antonio incespica, o forse viene fatto cadere, è difficile ricostruire lesatta dinamica dellagguato. Viene raggiunto e massacrato per una trentina di secondi mentre è a terra. Quando arriva la polizia cerca di rialzarsi, è cianotico e respira a fatica, cade nuovamente a terra. Un agente fa un disperato tentativo di rianimarlo con la respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco. Arriva lambulanza ma la corsa al San Carlo si rivela inutile. Quando si diffonde la notizia il Milan decide immediatamente di annullare lesposizione della Coppa dei Campioni vinta.
La stragrande maggioranza dei tifosi milanisti è basita, esattamente come quelli giallorossi. Qualche imbecille, però, si trova sempre. Gaetano Giuffrè, meglio conosciuto come Coca Cola raccontava: «Quando morì De Falchi stavo in Tribuna dOnore dietro a Dino Viola, posto mio abituale in trasferta, su consiglio di Ettore Viola, da quando il senatore era stato preso a calci a Torino. Un signore in giacca e cravatta, alle mie spalle, saputa la notizia dellannullamento dellesposizione della Coppa, arrabbiatissimo disse: "Eh, per un cazzo di marocchino che è morto non ci fanno vedere la coppa". Quella fu l unica volta che persi il lume della ragione: presi quel signore per la cravatta e cercai di tirarlo giù, con un amico che mi teneva il braccio. Gli dissi: "Bastardo! Ma cosa gli insegni a tuo figlio che sta magari in curva! Ad ammazzare le persone?". Lamico mi convinse ad andarmene e mi misi su uno scalino da parte, con le mani che mi tramavano. Quando ebbi loccasione di parlare con lingegner Viola, gli dissi: "Presidente, mi deve scusare, purtroppo ho perso la calma; stavo dietro di lei, avevo avuto il biglietto, ho sbagliato". «Si hai sbagliato due volte». «Purtroppo lo volevo menare
». «E lì che hai sbagliato la seconda volta: non lo hai fatto!». Sono passati 23 anni ma quel perché? è sempre lì.