- Vieni qua, a papà. Ti voglio raccontare una storia.
- Ma papà devo fare i compiti, poi la mamma si arrabbia e domani non mi manda a calcio per punizione.
- Le parlerò io, tu siediti e ascolta cos'è successo in un giorno come oggi di dieci anni fa.
Mettiti qui sulle mie gambe. Lo vedi quello lì? Lo riconosci?
- Certo papà, quello è Francesco Totti. Il capitano di quando eri bambino, come Alessandro per me.
- E cosa sai di lui, a papà?
- Ogni 27 settembre ci guardiamo insieme tutti i suoi gol, poi rileggi tutti gli articoli che hai scritto da ragazzo. La mamma piange, tu trattieni le lacrime perché sei troppo orgoglioso.
- Ma li ho visti gli occhi lucidi, mica sono fesso papà.
Non è sbagliato piangere, anche se i miei compagni di scuola dicono che le femminucce piangono
- Lo sai amore mio, un presidente grande, grandissimo un giorno disse che i forti non piangono. Non è vero a papà, sono soprattutto i forti ad aver bisogno delle lacrime, poiché esse mostrano la vera essenza di una persona, è la purezza di una lacrima a determinare il valore di un uomo.
Non vergognarti mai di piangere per qualcosa amore, anche se tutti intorno a te ti giudicheranno: tu piangi a dirotto se non riesci a trattenere un'emozione.
- Papà ma se io so già tutto di Francesco Totti, che altro vuoi raccontarmi?
- Che ore sono amore di papà?
- Ma papà io non so leggere l'ora! Dimmelo tu!
- Sono le 19:59 figliolo. E che giorno è oggi?
- E' venerdì, domani non c'è scuola. Però se non faccio i compiti la mamma chiama il mister e gli dice che non posso giocare.
Mi aiuti a fare matematica e poi mi racconti questa storia?
- La mamma capirà, la scuola capirà, la maestra capirà.
Ci sono cose ben più importanti di un dovere, perché non è vero che il piacere vien sempre dopo il dovere. Proprio in questa ora esatta, quando tu non eri ancora nato e la mamma e il papà erano dei ragazzi pieni di sogni, Francesco Totti disse basta. Il 28 maggio del 2017 alle ore 19:59 papà perse il suo supereroe, il capitano della sua infanzia.
Quel giorno papà diventò un uomo, salutò l'infanzia in compagnia di centinaia di ragazzi come lui. Quel giorno Francesco Totti divenne un uomo. Lo sapevi?
- Ma papà, Totti era già un uomo!
- Non è proprio così amore mio. Il bambino che per 25 anni era vissuto nel suo cuore si rese conto di esser obbligato a crescere. Un giorno lo capirai e avrai paura. E Francesco quel giorno ebbe paura, e lo sai che fece?
Parlò con noi, ci disse che aveva paura di crescere, che la fine è una stanza buia in cui non c'è un barlume di luce. E lo sai cosa facemmo noi? Lo sai cosa rispose la sua Curva?
"Noi non ti lasceremo mai".
C'erano ragazzi e ragazze, signori, vecchi, mamme e bambini piccoli come te.
E tutti piangevano come si piange un figlio che diventa uomo e abbandona il tetto di casa.
Ci si abbracciava in una messa di fedeli, devoti ad un figlio di questa città.
Ci disse che essere romano e romanista è e sarà sempre un privilegio.
- E' vero papà! Anche io sono orgoglioso di essere nato a Roma ed esser tifoso della Roma.
Come te prima di me papà! E che altro successe quel giorno?
- C'era la mamma con la zia che piangevano a dirotto, loro erano in Distinti.
Papà era in Curva insieme agli zii e tutti gli amici dello stadio.
Fu una giornata strana, sofferta, il più classico, magnifico ed emozionante pomeriggio da lupi.
La Roma che passa in svantaggio, lo psicodramma, la rimonta, poi ancora il pareggio e lo spettro di un terzo posto beffardo.
E ancora l'ingresso in campo del Capitano, le lacrime ad ogni tocco miste alla rabbia e alla voglia di incitare i giocatori, di spingere la Roma verso la meta. E poi quel cross, la palla che vola in area sotto al cielo limpido - perché non c'erano nuvole, perché le lacrime eran l'unica acqua contemplata dal Fato.
E la sponda di Dzeko per Perotti.
Il gol. Un boato. La corsa sotto la Sud e mille e ancora mille corpi in movimento come una danza tribale.
E lacrime e urla e grida e vene gonfie e battiti alterati.
La Roma aveva vinto. Come in un pomeriggio di tanti anni prima a Brescia.
Era iniziata con una vittoria questa lunga storia d'amore, e così è finita.
E' finita con un eterno bambino diventato uomo che ci ha donato le chiavi della sua anima, ha chiesto scusa per esser rimasto in silenzio mentre troppi facevano del male alla Roma.
Cosa ti dice sempre papà su chi tocca la Roma?
- Che chi la tocca muore. Però la mamma mi ha detto di non dirlo troppo ai miei amichetti, dice che qualcuno potrebbe fraintendere. Che poi cosa vuol dire "fraintendere"?
- (Ride), un giorno lo imparerai. Scoprirai che spesso chi non conosce giudica in maniera negativa in base a dei preconcetti stupidi. Come quei bambini che non giocano con un altro bambino soltanto perché è più piccolo.
Lo sai che quando era bambino anche Francesco spesso è stato trattato così da altri bambini.
Rimaneva sempre lui e la palla, però poi dopo dieci secondi tutti volevano lui in squadra e maledivano il fatto di aver scelto il pallone. Lui e il pallone non saranno mai in contrapposizione, a papà.
- Papà dici che anche io quando sarò grande piangerò per l'addio di Alessandro?
- Sì amore mio, come tanti prima di te per Agostino, Giuseppe, Francesco e Daniele. Papà ha pianto tanto anche per lui: è per questo che tuo fratello si chiama così. Perché papà ha avuto un supereroe da bambino e un altro da ragazzo. Papà è stato molto fortunato amore mio.
- Io ho Alessandro papà, e quando crescerò?
- Quando sarei ragazzo ci sarà un altro romano e romanista pronto a farti battere il cuore ad una velocità diversa, a farti emozionare, gioire, a farti sentire orgoglioso. A farti piangere a dirotto per giorni. Uno di quei giorni da romanista, come quel 28 maggio di dieci anni fa.
Ora vai a fare i compiti amore mio, sennò la mamma ci caccia di casa a tutti e due.
- Va bene papà, anche se avrei preferito sentire un'altra storia...
- C'è sempre tempo per le belle storie amore mio, ora vai in camera.
- Va bene papà (si gira e fa per andarsene)...
- Amore di papà fermati...
- Dimmi papi
- Ti voglio bene, Francesco.
Anche tu sei Francesco
29/05/2017 alle 18:00.
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