Empoli, Martusciello: "La forza di Spalletti è il carisma. Paredes? Puó diventare il nuovo regista dell'Argentina"

19/03/2016 alle 02:53.
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AS ROMA MATCH PROGRAM - Giovanni Martusciello, ex centrocampista dell’Empoli e ora vice di Marco Giampaolo, ha rilasciato un'intervista all'inserto online giallorosso. Queste le sue parole:

Chi fu l’avversario nella giornata in cui giocò in avanti?
“Il Parma, che ospitammo al Castellani. E non era un Parma scarso, bensì aveva in panchina, Buffon in porta, Thuram e Cannavaro difensori, Dino Baggio a centrocampo, Chiesa in attacco. Noi ci ritrovammo senza Esposito e Cappellini in avanti, i nostri attaccanti titolari. Così il mister pensò di impiegarmi in quella posizione e andò decisamente bene”.

La soluzione rappresentò una novità assoluta per l’epoca.
“Esattamente, ma non mi stupì. Luciano già allora sperimentava continuamente. Non si accontentava di proporre un solo sistema, voleva sempre ottimizzare le risorse a disposizione con idee innovative. Si confrontava di continuo con colleghi curiosi tatticamente come Ventura e Silvio Baldini. Era un “malato” di calcio, viveva in funzione della sua professione. Ventiquattro ore al giorno, aveva sempre il cervello in funzione“.

Per fare un esempio?
“Guardava continuamente i video delle partite che giocavamo. Oltre a darci suggerimenti su come migliorare quello che avevamo fatto in campo, traeva spunto dalle azioni degli avversari per fare sue determinate giocate e aggiungerci qualcosa di suo“.

Avrebbe immaginato per lui una carriera di così alto livello?
“Sì, ci avrei scommesso. Ha una vasta conoscenza di questo sport da sempre, non poteva che arrivare lontano con le sue convinzioni. La cosa che più mi stupisce di lui, tuttavia, è un’altra…“.

Quale?
“Ha un carisma tale da riuscire a trasmettere in poco tempo il suo credo ai calciatori. E l’esempio lampante è la Roma di questo periodo, che viene da otto vittorie consecutive in dieci partite totali della sua gestione. Non è semplice, ve lo assicuro“.

Davanti a in classifica c’è Sarri, altro allenatore che lei conosce bene.
“Sono stato suo vice a Empoli e avrebbe voluto portarmi pure a , ma alla fine il presidente Corsi ha preferito che restassi in Toscana. Lui è un altro grande tecnico, che sta facendo un lavoro sensazionale”.

Non le chiedo chi è più bravo, ma solo quali differenze ha notato tra i due lavorandoci a stretto contatto.
“Premettendo che io da Luciano sono stato allenato, mentre con Maurizio ho collaborato da assistente, secondo me c’è una caratteristica sostanziale che li differenzia. Sarri insegna calcio, è molto schematico, ma è legato alla sua squadra. Fortifica il proprio senza pensare a quello che si ritroverà di fronte la domenica sul terreno di gioco. fa tutto questo, ma non trascura assolutamente l’avversario, studiando strategie per contrastarlo. Sarri non lo fa“.

Un po’ come Zeman, insomma, ma con più organizzazione difensiva.
“Il paragone ci sta, può essere corretto. E il riferimento alla difesa del è sotto gli occhi di tutti: le squadre di Sarri concedono poco dietro e creano tanto davanti. Tuttavia, come già detto, a Maurizio non interessa studiare a fondo la formazione che avrà contro. Con questo non sto dicendo che è più bravo , sono due filosofie diverse“.

A Empoli quest’anno sta conoscendo da vicino un centrocampista di proprietà della Roma, , che si sta proponendo come uno dei migliori registi del campionato italiano.
“Leo è un ragazzo intelligente, umile e di grande professionalità. Noi lo avevamo preso per schierarlo da mezzala offensiva. Le sue caratteristiche, però, non sono ideali per ricoprire quella posizione, così abbiamo pensato di metterlo in mezzo al campo cercando di sfruttare al meglio la sua tecnica e la sua fisicità. sa far cantare il pallone e vede il gioco come pochi. Si sta integrando bene, partita dopo partita, però a mio avviso ha bisogno almeno di un’altra stagione in provincia per aumentare la personalità e per prendere più consapevolezza nell’interpretazione del ruolo. Fare il titolare a Empoli è un conto, farlo a Roma è un altro. La nostra realtà è a misura d’uomo, non ci sono pressioni, nella Capitale tutto è amplificato. Questa, comunque, è solo una mia opinione“.

Che giocatore può diventare in futuro Leandro?
“Ci parlo spesso, per me il suo obiettivo – oltre che fare bene nella Roma – deve essere quello di prendere un posto importante nella nazionale argentina. Diventare il nuovo Biglia, ovvero il regista della”Selecciòn”. Ha tutto per riuscirci, ha bisogno solo del giusto tempo per crescere. Non dimenticate che è un ’94, ha 22 anni“.