IL TEMPO (A. AUSTINI) - Unora e mezza per dirsi tutto con i dirigenti, pochi minuti con la squadra. Conferma doveva essere e conferma è stata: Luis Enrique resta lallenatore della Roma e le cose non cambieranno fino a quando non sarà lui, eventualmente, a fare un passo indietro. Un vicolo cieco o una prova di forza della società: questione di punti di vista. La giornata dei confronti è iniziata prestissimo a Trigoria, con la triade Fenucci-Baldini-Sabatini
Si torna al punto di partenza, quando Luis Enrique fu chiamato alla guida della Roma e chiese di demolire il più possibile limpianto della vecchia squadra. A parte Totti e De Rossi, tutti gli altri per lui erano cedibili. Ma la rivoluzione della squadra si è fermata a metà, per mancanza di tempo e per le difficoltà incontrate nel mercato in uscita. Tanto per fare due esempi, Borriello ha rifiutato quattro destinazioni negli ultimi giorni di mercato (mentre ora potrebbe riaprire al Genoa), Pizarro ha detto «no» allofferta molto sostanziosa del Palermo. A gennaio la società tornerà in pressing (in lista di partenza anche Simplicio, Cicinho, Juan, Cassetti, Antunes, Barusso e Okaka), perché più cessioni si realizzano, più acquisti si potranno fare. Ne servono almeno tre: due difensori e un centrocampista «fisico». Il piano non è stato ancora presentato ai proprietari americani. Impossibile fissare il budget per gli acquisti senza sapere il numero di cessioni realizzabili e lesito della trattativa con De Rossi. La Roma ha deciso di chiudere la partita del suo rinnovo una volta per tutte per dare un primo segnale di svolta. Lultimo rilancio non è bastato e la società si è convinta ad alzare a sei milioni netti lofferta, sin dal primo anno di contratto. Il procuratore Berti ha preso tempo, in attesa di un segnale del Manchester City che stasera saprà se proseguirà il suo cammino in Champions League. Ma alla fine dovrà prevalere la volontà del giocatore che continua a volere il rinnovo con la Roma.
Dopo la riunione con i dirigenti, ieri prima dellallenamento Luis Enrique ha parlato da solo alla squadra. Ma, al contrario delle previsioni, non ha mosso particolari accuse al gruppo. Anzi: «Non mi interessa quello che ci dicono da fuori, il vostro atteggiamento a Firenze prima dellespulsione mi è piaciuto - ha detto il tecnico ai giocatori - adesso rialziamoci, possiamo farlo subito perché non abbiamo niente da invidiare alla Juventus. E i giocatori? In silenzio, tra sorpresa e sollievo. Fuori da Trigoria ieri non si è mossa una foglia: le contestazioni di massa sono un ricordo, ormai bastano e avanzano le radio.