Okaka ricorda il periodo giallorosso: "Totti e De Rossi mi trattavano come un fratello minore. E quella volta che Spalletti voleva picchiarmi..."

27/04/2019 alle 19:23.
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L'attaccante dell'Udinese, Stefano Okaka, si è raccontato attraverso una lunga intervista al settimanale in edicola con la Rosea, tornando anche sul suo passato alla Roma. Queste le sue parole:

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"Sabato scorso abbiamo giocato contro la Roma. Ho incontrato che mi ha visto crescere, mi ha svezzato. Alla Roma arrivai che avevo 15 anni: , , Bruno Conti mi trattarono come un fratello minore. Entrato in prima squadra, avevo l’armadietto accanto a quello di Francesco. Mi cambiavo seduto vicino al capitano, capisci? Da me si aspettavano tanto".

A e gli altri davi del “lei”?
Ma no, io a Trigoria, il centro sportivo della Roma, ci sono cresciuto. Là vivevo con tutta la famiglia. Bruno Conti ci prese in blocco: non potevo trasferirmi da solo da Castiglione del Lago, dove sono nato, a Roma.
Sulla scelta della Roma?
Due anni dopo si presenta il Milan: vieni da noi, ti vogliamo a tutti i costi. Vado a Milanello insieme a papà, sembra fatta quando arriva una telefonata. È Bruno Conti: “Prima di firmare con loro, vieni a vedere Trigoria. Appena misi piede a Trigoria, dissi: “Vengo qua”. Decisi d’istinto, sentii a pelle che quello era il posto giusto. E allora, bum, di nuovo tutti in macchina e via, da Cittadella a Roma.

E ritorniamo a e compagni. Aneddoti di vita vissuta insieme a loro?
Tanti, ma quasi nessuno che si possa raccontare.

Dài, almeno uno…
Ti dico invece di quella volta che mister voleva menarmi. Era stato lui a farmi esordire così giovane e da quel momento mi aspettavo di giocare sempre. Sai, a quell’età ti senti padrone del mondo… Insomma, contro l’Atalanta non mi mette in campo dall’inizio e io sono arrabbiato. Mi fa entrare quasi alla fine e non mi sbatto più di tanto. L’arbitro fischia, abbiamo perso, io scappo negli spogliatoi, mi insegue: “Vieni qua, vieni quaaaa…”. Per fortuna ero stato sorteggiato all’antidoping. Mi chiudo nello stanzino e sento che urla: “Ti aspetto!”. Esco dopo due ore ma non mi salvo lo stesso: la mattina dopo, all’allenamento, scopro che mi ha multato. Un’altra volta, a 18 anni, entro a Trigoria col macchinone, un’Audi R8. mi vede e mi fa: “La prossima volta che ti presenti con questa macchina, non giochi più”.

E tu?
Non mi sono più presentato. Ci andavo in giro per Roma. Ma adesso ho la Smart.

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(Sport Week)