LA REPUBBLICA (M. FAVALE) - È la “maledizione di Tor di Valle”, quel sortilegio che finora ha prodotto dimissioni di assessori (Paolo Berdini), espulsioni di consiglieri (Cristina Grancio), inchieste, arresti (Luca Lanzalone prima, Marcello De Vito poi) e una bufera politica che nessuno, due anni fa, alla chiusura dell’accordo tra Campidoglio e As Roma (progetto modificato, taglio di cubature e di opere pubbliche) poteva forse immaginare. Una maledizione che aleggia ancora su palazzo Senatorio e sui consiglieri 5 Stelle, preoccupati, spaventati e pressati dalla base, alla vigilia del voto sulla variante urbanistica che dovrebbe essere preludio all’inizio dei lavori. D’altronde, proprio in queste ore, James Pallotta ha dettato la sua road map verso Tor di Valle: prima pietra a fine 2019, 28 mesi di lavori e inaugurazione nel 2022 ha spiegato alla statunitense Real Vision in un’intervista che risale a prima dell’ultima retata della procura. Un percorso, quello del patron giallorosso, che non ammette imprevisti e che, invece, a ben guardare è più che accidentato. Lo dicono le prese di posizione dei big del Movimento (da Carla Ruocco a Roberta Lombardi al presidente della commissione antimafia Nicola Morra) e i travagli interni alla maggioranza capitolina che, due giorni fa, ha dovuto assistere alla presa di posizione della commissione urbanistica del IX Municipio (territorio dove insiste Tor di Valle) che ha approvato una delibera che prevede l’annullamento del pubblico interesse dell’opera. Potrebbe essere l’antipasto di un parere negativo da portare nell’Aula del consiglio municipale. E lo stesso potrebbe accadere in XI (dove si avvertirebbero i maggiori disagi sul fronte della mobilità). Lì il minisindaco grillino Mario Torelli ha perso la sua maggioranza e si prepara a sostenere un voto di sfiducia fissato per il 9 aprile. Prima di allora, l’ex consigliera grillina Maria Cristina Restivo (passata al Misto come altri ex M5S in XI) chiede la convocazione della commissione urbanistica.
Paradossalmente, se arrivasse la sfiducia, il Municipio verrebbe commissariato dal Campidoglio e l’eventuale dissenso non potrebbe più essere esplicitato. Ma più del parere dei territori si guarda al voto dell’assemblea capitolina alla variante urbanistica che dovrebbe arrivare entro l’estate: «I tempi sono quelli — ha spiegato il presidente della commissione mobilità Enrico Stefano a Radio Radio — su tutti gli atti ci sarà un ulteriore approfondimento giuridico per fugare qualsiasi dubbio. Se l’esito sarà positivo avremo il dovere di andare avanti». Nonostante il capogruppo M5S Giuliano Pacetti tenti di tenere unita la pattuglia grillina, la fronda critica cresce. Di questa farebbero parte Monica Montella, Alessandra Agnello, Gemma Guerrini («Se voterò contro? No comment»), mentre tra i dubbiosi ci sarebbero Fabio Tranchina, Simona Ficcardi e forse pure la new entry in Aula, Carlo Chiosso, che oggi subentra a De Vito, sospeso dopo l’arresto. «Ci sono dei problemi che vanno affrontati», dice l’architetto che proviene dal tavolo dell’Urbanistica, l’organismo che ha scritto il programma M5S sulla materia, sempre molto critico sull’opera. Per mandare sotto la maggioranza bastano 6 voti contrari dei grillini.