La sfida durissima all'essenza e ai simboli dell'eterna romanità

19/04/2016 alle 14:39.
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(...) Anche ha preso di mira il simbolo della romanità calcistica, , per tutti l’amatissimo, l’idolatrato, il veneratissimo «», per non farsi abbindolare dai riti e dai ritmi della Capitale. Ne ha fatto la sintesi umana dello sconfittismo giallorosso (dieci anni di figuracce, ha detto), e del languore delle ore piccole, della bella vita, della pigrizia (come giocare a carte fino alle due di notte prima della partita, ha detto). Tra e si inscena uno spettacolare duello antropologico. detesta Roma perché la sua essenza morale le impedisce di vincere. E infatti ce l’ha anche con un’altra icona dell’antropologia romanista: Daniele . Contro Roma ha già perso la panchina una prima volta. Ora basta, Roma la molle, Roma l’incantatrice, Roma con le sue luci, i suoi colori, la sua musica, le sue notti, le sue feste, la sua testa poco concentrata sulla vittoria in campo, stavolta deve piegarsi all’uomo venuto da un altro mondo. (...)

I romani hanno sempre l’espressione di chi la sa più lunga, di che ne ha viste di tutti i colori, di chi sa che la storia deve fare i conti con la città «der Cuppolone» e della maestà del Colosseo (Antonello Venditti, cantore ufficiale). Sentimentalmente tra il e non c’è partita: vince . (...)

deve stare attento a non capovolgere i significati dell’atteggiamento di , perché uno «sticazzi» equivocato potrebbe stenderlo. I romani credono di saper tutto, guardano tutto con cinismo e dall’alto della città che loro amano chiamare «eterna». Si dice che tra gli impiegati romani dei ministeri si affermi che i ministri passano, ma i ministeri restano. Stia attento perché i tifosi giallorossi pensano che, in fondo, gli allenatori passano ma la «Maggica» resta per sempre. (...)

deve considerare i tempi di reazione del popolo giallorosso alle tensioni tra la sua panchina e . All’inizio hanno gridato al sacrilegio, hanno issato cartelli, si sono indignati per la profanazione del . Stavano per fare l’insurrezione. Poi però ha infilato la serie positiva di vittorie e il popolo giallorosso ha accettato obtorto collo persino l’esclusione del dall’amatissimo derby. Al primo intoppo, il pareggio casalingo con il e le disavventure di Bergamo, si è riaccesa la miccia della ribellione. E il duello antropologico ha avuto libero sfogo. Secondo modalità molto tipiche del romanismo giallorosso, e cioè quando occorrerebbe un ultimo sforzo per ottenere il risultato decisivo, il secondo posto per la , alla vigilia della partita-spareggio con il . Questo, non lo aveva considerato.

Ma lo deve considerare se vuole vincere la battaglia con il suo nemico antropologico, la prevalenza del sentimentalismo, er core de Roma, «» gridato al giovane , la pastasciutta, il languore delle sere e delle notti. I leghisti erano arrivati tutti infervorati contro Roma ladrona, e dopo un po’ ne sono rimasti ammaliati, perdendo la purezza. Il predecessore di , , si è fatto avvolgere dai riti dell’edonismo romano, con quali risultati si è visto. Perché i manuali di storia capitolina non dicano un giorno: gli passano, i Puponi restano.

(corsera - P. Battista)