IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Simone Perrotta, nove anni nella Roma (246 presenze, 36 reti), campione del mondo nel 2006 con lItalia. Un leader da sempre e nemmeno troppo silenzioso. Ha smesso di giocare al calcio, forse troppo presto
IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Simone Perrotta, nove anni nella Roma (246 presenze, 36 reti), campione del mondo nel 2006 con lItalia. Un leader da sempre e nemmeno troppo silenzioso. Ha smesso di giocare al calcio, forse troppo presto. «Ho voluto che la mia ultima squadra fosse la Roma», ribadisce, anche un po fiero. Ora consigliere federale e vice presidente del settore giovanile e scolastico della Figc. E questa avventura le piace? «Lavorare coi giovani è utile per il futuro del calcio. Certo, di campo ne vedrò poco. Mi manca già lo spogliatoio». Risollevare il calcio italiano, una missione impegnativa. «La nazionale i suoi risultati li ha sempre portati, il problema sono le coppe, ma qui tocchiamo un discorso che attraversa il sociale, la crisi economica. LItalia si è impoverita e tutti ne hanno risentito. Ma i talenti da noi ci sono e vanno sfruttati».
Lei non è del partito: troppi stranieri rovinano il nostro calcio. «No. Se lo straniero che arriva è forte, è una risorsa, altrimenti toglie il posto a uno nostro. Ma non deve essere uno sbarramento a prescindere». Ma lei non doveva entrare nei quadri societari della Roma? «Se nè parlato, ora siamo fermi. Ma non è escluso che ciò prima o poi avvenga». Adesso fa il tifoso giallorosso. Le piace la nuova Roma? «Sì, molto. È partita alla grande, mi sembra si respiri unaria diversa. La società ha cambiato strategia, cè un bel mix di esperienza e gioventù. Più entusiasmo, anche». Da cosa lo ha notato? «Basti vedere il modo di abbracciarsi dopo i gol. Mi sembra di rivivere lo spirito della Roma di Spalletti, questo è un grande traino per arrivare ai risultati». Anche nel gioco è simile a quella Roma? «Per lidea di squadra senza un attaccante sicuramente sì. Noi giocavamo con quattro offensivi, Garcia ne utilizza tre, ma i due esterni attaccano di più la porta rispetto ai Mancini e Taddei».
Certo, perdere gente come Lamela, Osvaldo e Marquinhos... «Purtroppo adesso si deve dare unocchiata anche ai conti. E io quei giocatori non li avrei mai voluti vedere con maglie diverse da quelle della Roma. Ma sono arrivati calciatori di ottimo livello. Su tutti Maicon e De Sanctis». Maicon è uno che sposta, no?. «Ne so qualcosa io. Ranieri me lo faceva marcare sempre, certe volte era imprendibile. Dovevi corrergli appresso e ripartire, mica semplice. Siamo nellanno del mondiale, i brasiliani ci tengono alla Seleçao, per loro è più importante di una squadra di club. Maicon ha gli stimoli giusti». E De Sanctis? «Lo conosco da una vita, dai tempi della Juve. Un ragazzo intelligente, con una grande passione per il lavoro. In uno spogliatoio si fa sentire, uno come lui è fondamentale. Dà energia». De Rossi? «Mi sento di Daniele una sorta di fratello maggiore. Rivederlo in queste condizioni mi dà una gioia incredibile. Chi si stupisce di quanto sia forte è in malafede. De Rossi ora si sente coinvolto, avverte la fiducia di tutti e adesso è tornato quel giocatore di unaltra categoria. È felice. Avete visto, dopo il secondo gol al Verona, quello di Pjanic? Lui va da Ljajic, lo prende, se lo stringe e gli urla una cosa allorecchio. Da questo si capisce quanto sia inserito nel progetto, quanto si senta leader».
Osvaldo è andato via: ma era così un cattivo ragazzo? «Assolutamente no. Una splendida persona. Con un difetto: è istintivo, quando gli parte la vena non ragiona più. Come giocatore, ne ho visti pochi di attaccanti con le sue qualità. La Roma è fortunata, perché il suo sostituto si chiama Francesco Totti». Sostituto? «Sì, Checco in quel ruolo è perfetto. Merita il rinnovo? Certo che sì, lo dimostra ogni giorni sul campo». Perché questi due anni sono andati male? «Gli allenatori non avevano i giusti giocatori. Luis Enrique e Zeman sono poi due estremisti, forse a un certo punto era necessario cambiare rotta, come aveva fatto Spalletti da noi e Conte alla Juve». Florenzi è il nuovo Perrotta? «Sì, ma non deve sbagliare i gol come facevo io». Borriello è un problema? «Marco è una persona eccezionale. E un forte giocatore. Un attaccante con quelle caratteristiche servirà, vedrete. Non può essere un problema uno come lui, anzi».