IL TEMPO (A. AUSTINI) - Cè da scommetterci: stavolta non si butterà vestito in piscina. James Pallotta torna a Trigoria da presidente nel momento più delicato della gestione americana. Poca voglia di scherzare,semmai è pronto a far sentire la voce del padrone. Conoscendo il tipo sarebbe sbagliato aspettarsi chissà che, ma per
Fino a quel giorno il nuovo grande capo si dedicherà alle questioni romaniste dalla A alla Z. La data del blitz non è casuale: in attesa dellannuncio dellarea dove verrà costruito il nuovo stadio, fervono i preparativi per levento che domenica celebrerà la Hall of Fame allOlimpico dalle 11, prima della gara con lAtalanta fissata alle 12.30. Tutti gli eletti ancora in vita hanno risposto positivamente allinvito: da Tancredi a Cafu e Falcao, allo stadio ci sarà materiale in abbondanza per far emozionarePallottainsiemeai tifosi. Ma è chiaro che non poteva esserci momento peggiore per una festa.
Laria attorno alla Roma è funesta, dentro Trigoria non si respira molto meglio. La gara di Torino ha lasciato strascichi: primadi Pallotta, domani toccherà a Baldini e Sabatini processare la squadra insieme a Zeman. Il ds si è già assunto in pubblico le sue responsabilità sugli errori commessi sul mercato, ha analizzato la situazione a fondo con Baldini, ora i due dirigenti vogliono parlare chiaro ai giocatori: basta figuracce del genere, bisogna cambiare registro prima che sia troppo tardi e si butti via unaltra stagione. La protezione di Zeman sarà totale,ancheseil suo integralismo tattico preoccupa la dirigenza. E, ovviamente, alcuni giocatori. «Non fanno quello che gli chiedo» ha tuonato il boemo a Torino.
Zeman è nero, nerissimo, deluso dallatteggiamento di alcuni giocatori in una partita che sentiva più di altre. Già dopo la gara con la Samp si era fatto sentire negli spogliatoi, sabato non ha nascosto di pretendere di più da De Rossi e le dichiarazioni del centrocampista gli fanno storcere il naso forse più della prestazione. Sì, perchéil tecnico crede (credeva?) davvero di avere una squadra da scudetto in mano,ma si è accorto che in troppi nello spogliatoio non hanno la stessa fiducia.
Dal Totti di luglio («siamo lontani dalle grandi» detto però prima degli acquisti di Destro e Balzaretti) al De Rossi di sabato sera («sbaglia chi parla di scudetto») la divergenza tra i «senatori» e il blocco allenatore- dirigenti è netta. Domani saranno anche i giocatori a prendere la parola, per esprimere il punto di vista della squadra. Cè chi si sente fuori ruolo, chi fatica a muoversi in campo come vorrebbe Zeman. Nessuno, poi, avrà gradito le accuse del boemo e di Sabatini davanti alle telecamere. E il boemo? Non molla, non è il tipo. Ma prepara una mini-rivoluzione della squadra - rischiano il posto Burdisso, Taddei e Lamela tra gli altri - e aspetta segnali. Quelli di Torino sono tutti negativi: da registrare un altro piccolo screzio tra Lamela e Osvaldo durante la partita per un mancato passaggio. La discussione è continuata negli spogliatoi ma tutto si è risolto in fretta, tanto chesullaereo iduescherzavano. Nulla a che vedere con quanto successo a Udine nel campionato scorso, ma la tensione cè. Il rischio è di perdersi nei meandri della crisi, come se la passata stagione non fosse mai finita. A proposito: alloranonera tutta colpa di Luis Enrique?