IL ROMANISTA (G. MANFRIDI) - Gocce di pioggia su di me, cantava Patty Pravo in altri tempi. Gocce di normalità su di me, canticchio oggi a mezza bocca io, e se tendo lorecchio sento altri che intonano attorno lo stesso motivetto. Fischiettando, non più fischiando. Una vittoria in affanno col Bologna, unaltra in fotocopia col Fulham e Totti che pare davvero che resti. Normalità. In epoche più munifiche, queste vittorie qui sarebbero state soggette a disamine perplesse, mentre la vicenda del contratto di Totti sarebbe passata come il giusto suggello di una procedura ovvia. Ma nellamaro presente in cui siamo precipitati un po di normalità ci serviva eccome, dacché era proprio la normalità, per noi, a essere divenuta una sorta di miraggio.
a disamine perplesse, mentre la vicenda del contratto
di Totti sarebbe passata come il giusto suggello di una procedura ovvia. Ma nellamaro presente in cui siamo precipitati un po di normalità ci serviva eccome, dacché era proprio la normalità, per noi, a essere divenuta una sorta di miraggio.
Una nebbiosa sagoma fuggitiva dissoltasi del tutto nel naufragio col Livorno e che avrebbe potuto risostanziarsi con un rachitico pareggio a Udine. Pareggio che sarebbe stato più che normale mantenere una volta ristabilita la parità in campo. Nulla da fare. La normalità, pure quel giorno in terra friulana, ha voluto infingersi nei panni del suo inverso, che si chiama eccezione.
Per la Roma perdere a Udine, compulsiamo gli annali, è sempre stata una ferale eccezione. Col Livorno leccezione (di per sé ferale: Diamanti docet!) è già costituita dal pareggiarci, figuriamo perderci.
Di questo passo, però, un abbozzo di restaurata normalità
dovrebbe farci rabbrividire nella prospettiva della partita
odierna, connessa a una tradizione che annuncia scenari
normalmente cupi. E vero, per un breve torno di anni siamo stati blanditi dallidea che a una prolungata e
mortificante normalità se ne fosse avvicendata unaltra, per noi assai più aurea, ma già la prima sortita stagionale a Milano contro il Milan ci ha ridimensionati allantica consuetudine del tanto lì si becca sempre. Dati i tempi, stasera potrei pure sopportarla una sconfitta tra le mura di
uno stadio che minaccia di essere tornato proibitivo. Potrei sopportarla a patto che il riproporsi di questa nefasta e radicata normalità prosegua poi nella normalità degli eventi che le verranno appresso. Ossia, in una normale vittoria con lAtalanta e via discorrendo.
Ma nella stagione in corso dubito che sarà così, e molto di ciò che dovrebbe essere normale ci verrà piuttosto dispensato come eccezionale secondo criteri assolutamente random. Gli stessi che, coi nerazzurri, mi fanno
addirittura sperare nella super-eccezione capace di ripristinare per una volta ancora quella eccezionale normalità venuta a rompere laltra normalità di ben più antica data che ci ha sempre visti sconfitti a San Siro.
Ma sì, giochiamo almeno con le parole in attesa che la Roma riprenda a giocare a calcio. Un qualsiasi calcio,
fosse anche quello brutto promesso da Ranieri. Ridiamoci sopra per non piangere dentro. Come non bastasse il clima di passaggio a vuoto che si respira in città, leggo le note prepartita che alla voce indisponibili Inter dicono: nessuno. Bene, pure questa ci mancava. Figurarsi, certi aiutuini a noi mai. Normalità. Da Julio Cesar a Milito, ci saranno tutti. E i loro tutti sono davvero tanti. Per contro, penso alla normalità della consueta falcidie che ci riguarda. Dei pochi che in genere abbiamo, pure oggi ne avremo
ancora meno. Bene: i pochi contro i troppi. E vabbè. La vedremo lo stesso, ci saremo lo stesso, spereremo lo stesso. Ciò detto e promesso, tornando ai vari caduti perenni che infoltiscono la cifra degli indisponibili Roma, qualcosa vorrei dirla sulla barzelletta Juan. O sulla vergogna Juan, fate voi. Sapete quel tesserato della nazionale brasiliana che ogni tanto viene convocato dalla Roma? Eh, lui. Non riesco più a tenermi
dentro unespressione che avendo forma di parole pretende di essere finalmente messa su carta: mangiapane a ufo. Oh, lho scritto, lho detto, e non aggiungo altro! Anzi, no, una cosa sì la aggiungo. Si tratta del ricordo di uno splendido calciatore comprato nel corso dello stesso mercato di gennaio che ci portò Candela. Parlo di Omarì Tetradze.
Ormai (anagramma di Omarì) ogni volta che penso a Juan mi viene in mente il russo. Tre tazze loribattezzarono subito i laziali, sempre arguti e spiritosi. La Roma chi ha comprato? Tre tazze e una candela
ahahah. A volte è facile denigrare un cognome non avendo appigli per farlo con la persona, poiché Tetradze era forte davvero, e se ebbe poco tempo per dimostrarlo fu a causa di un grave infortunio che si procurò giocando con la maglia giallorosa addosso. Saputa la diagnosi grave, da ripresa lenta, di molti mesi Omarì andò in società e propose la rescissione del contratto senza nulla pretendere. Un pensiero da poeta, un gesto da atleta. Tetradze. Pensate che ingiustizia: su Google lo trovate linkato alla voce bidoni. Un
giocatore che dobbiamo essere orgogliosi di avere avuto in squadra. Qualcuno dovrebbe scrivere un libro su di lui, libro che poi qualcun altro dovrebbe regalare a Juan. Tanto, al verdeoro il tempo per leggere non manca.