CORSPORT (R. MAIDA) - E affascinante il concetto: provare a vincere sempre, senza speculare o approfittare dei disagi altrui. Ma quando una filosofia diventa integralismo, termine che a Luis Enrique non piace, porta allautolesionismo. Per la Roma latteggiamento da tutto o niente, esasperato in ogni partita, è stato alla base del disastro. (...)
IL DATO - La Roma è la squadra di serie A che pareggia di meno (cinque volte, lultima contro il Bologna il 29 gennaio). E Luis Enrique di questo va fiero, perché per lui lobiettivo è segnare un gol in più dellavversario. E un discorso che però in serie A non funziona. E cè la controprova. Sapete chi è la squadra che ha pareggiato più partite? La Juventus, che è imbattuta ma ha concesso quattordici pareggi alle rivali. Guarda caso, il numero coincide alla perfezione con le sconfitte della Roma.
QUANTE OCCASIONI - Analizzandole una per una, si capisce già dalla proporzione delle sconfitte che Luis Enrique avrebbe potuto fare 5-6 punti in più senza particolari sforzi. Lo ha detto anche De Rossi: «Se avessimo pareggiato certe partite in cui siamo andati allarrembaggio, saremmo molto più in alto. Guardate cosa è successo con la Fiorentina...» . Ed è la verità. La serie dei rimpianti comincia nel derby dandata quando in dieci contro undici, a un minuto dalla fine del tempo di recupero, la Roma era ancora sull1-1. Ma invece di gestire il pallone per chiudere la partita in parità, Stekelenburg ha rimesso velocemente il pallone in circolo, Osvaldo ha provato ad andare verso la porta avversariaed è stato fermato per un fallo (dubbio, tra laltro). Da quella punizione è nato il gol dellultimo respiro segnato da Klose.
ADELANTE - E la lezione del derby non è bastata a Luis Enrique, che dieci giorni dopo ha perso la partita quasi allo stesso modo. A Marassi, contro il Genoa, la Roma aveva pareggiato con Borini all82. Poi si è lanciata allassalto per cercare di prendersi tutto. E così ha concesso un contropiede che ha generato il calcio dangolo e quindi il gol di Kucka (minuto 89). Un altro pareggio diventato sconfitta, che Luis Enrique ha giustificato così: «È stata colpa del Genoa. Loro giocavano tutti dietro» . Come se fosse una colpa riconoscere i propri limiti.
IL RESTO - E ancora: a Udine, dopo una partita bloccata, Luis Enrique ha tolto Gago e ha inserito Bojan stravolgendo un assetto che aveva controllato con autorità il gioco. E così nei minuti finali lUdinese ha bucato la Roma due volte: prima centralmente con Di Natale, poi a sinistra con Armero, che ha offerto a Isla un gol molto facile. Un peccato simile, Luis Enrique lo ha commesso molto tempo dopo, a San Siro contro il Milan: fuori Gago, dentro Lamela sull1-1. Ha vinto il Milan con un lancio lungo che ha sovrastato Kjaer ed esaltato Ibrahimovic. E nel conto di Luis Enrique andrebbero aggiunte le sconfitte di Cagliari (2-2 allintervallo, gol incassato a inizio ripresa con la difesa piazzata a centrocampo e travolta da Thiago Ribeiro), il derby di ritorno (sempre in dieci, la Roma non si è mai coperta e si è distratta su un calcio piazzato) e infine quella contro la Fiorentina, in cui lallenatore ha superato se stesso: Tallo al posto di Heinze, un attaccante per un difensore, con Taddei e De Rossi in difesa e Borini e Marquinho terzini. Per vincere. E per perdere.