IL TEMPO (L.PES) - Budapest poi l'oblio. Da quel maledetto 31 maggio (anche se ufficialmente la gara è terminata il 1° giugno) la Roma sembra essersi persa e la strada per ritrovarsi è ancora lontana. L’umiliazione subita a Genova contro i rossoblù di Gilardino ha definitivamente messo a nudo una situazione di immensa difficoltà che i giallorossi hanno mostrato sin dai primi minuti di questo campionato. E tra i responsabili, inevitabilmente, ci finiscono tutti: dalla società, al tecnico fino ai calciatori. Una torta amara che va divisa in parti più o meno uguali e che raffigura una squadra quasi in zona retrocessione, a sette punti dalla Champions alla sesta giornata e con una lista infortunati che si allunga gara dopo gara.
Budapest, quindi come punto più alto (assieme a Tirana) della storia romanista di Mourinho, ma allo stesso tempo l’inizio di una fine che sembra essere dilaniante. Quella finale persa ai rigori il tecnico non l’ha mai accettata, e quella promessa fatta a caldo ai suoi calciatori ora si sta rivelando un boomerang.
Lo Special One è rimasto nella Capitale per onorare il suo ultimo anno di contratto e rispettare il patto con la sua "famiglia". Ma con quali motivazioni? L'estate, in questo senso, qualche risposta l'aveva già data. Un Mourinho «diverso» si è detto, più pacato, riflessivo e meno polemico. Ma proprio questo probabilmente ora sta presentando il conto a lui e alla squadra. La pressione sulla società calata dopo le richieste di Budapest, il mercato vissuto quasi con passività e accettazione di scelte e tempi prolungati visto che c’era solo una stagione da affrontare. Quel Mou combattivo, sempre sul piede di guerra e, soprattutto, in costante pressione per ottenere rinforzi ha lasciato spazio al profilo basso che però evidentemente al gruppo è arrivato.
Il leader di un biennio fatto di sacrifici e battaglie ha abbassato la guardia, e di riflesso anche i suoi "soldati" ora non riescono più ad incarnare quello spirito. Responsabilità anche loro, certo, ma sin dai primi minuti di questa stagione si è respirata l'aria di un gruppo spento e demotivato. Caratteristica che è sempre stata il punto di forza della Roma del portoghese.
Poi c’è il gioco, sempre assente, la condizione fisica, imbarazzante e tanti, troppi, elementi sempre a rischio infortuni. Tra equivoci tattici e prestazioni sotto il livello dell’accettabilità la Roma ha preso schiaffi a destra e a manca in un mese abbondante di stagione. Una situazione che vede già troppo lontani i primi quattro posti ma che soprattutto denota un’assenza societaria importante. Anche dopo Marassi nessuno si è presentato ai microfoni per giustificare o mettere i calciatori davanti alle proprie responsabilità. Troppo silenzio attorno ad un club di calcio non è mai saggio, e ormai la barca giallorossa continua a prendere acqua senza sosta.