Roberta Lombardi: “Lanzalone? Ce l’hanno portato i capi del movimento”

14/06/2018 alle 16:49.
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LA REPUBBLICA (A. CUZZOCREA) - Per Roberta Lombardi, chi ha dato al presidente di Acea Luca Lanzalone tutto il potere che aveva ha commesso un grave errore politico e deve chiarire. La candidata presidente e capogruppo M5S nel Lazio si difende: «Non ho mai chiesto e nemmeno ottenuto “a mia insaputa” favori dal costruttore ». E attacca: «A portare Lanzalone a Roma è stato il gruppo che si occupava degli enti locali». Quindi Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
Il presidente di Acea è stato arrestato con l’accusa di corruzione. Il capogruppo M5S a Roma Paolo Ferrara, è indagato. Cosa pensa di questa storia?
«Sono rimasta esterrefatta dalla notizia sia dell’arresto che dell’indagine su Ferrara. Mai avrei pensato che degli episodi del genere potessero riguardare il mio Movimento. La differenza tra noi e gli altri dev’essere nella reazione».
Cosa deve accadere?
«Mi auguro che la magistratura faccia celermente le sue indagini per la verità giudiziaria e che i 5 stelle individuino le responsabilità politiche e si faccia ammenda».
Di chi sono queste responsabilità?
«Di chi ha portato Lanzalone a contatto con il Movimento, affidandogli incarichi delicati e facendolo diventare presidente di Acea».
Chi?
«Lanzalone è entrato in contatto con il gruppo che gestiva gli enti locali, da Livorno, dove ha lavorato bene per il risanamento dell’Aamps, fino a Roma, dove dopo il caso Marra fu messo a controllare tutto quello che Raggi aveva firmato nei mesi in cui lo aveva avuto come braccio destro».
Quindi Di Maio, Fraccaro e Bonafede. Erano loro a occuparsene.
«Ho detto: il gruppo degli enti locali».
Lei si è scontrata con l’avocato genovese sullo . Perché?
«Stava lavorando a titolo gratuito per noi. Insisteva dicendo che il progetto della giunta Marino, irricevibile perché puramente speculativo, non poteva essere revocato senza pagare grosse penali. Insieme ad alcuni consiglieri regionali chiesi un parere pro veritate a un importante studio legale e lo fermai. Sa cosa diceva di me?».
Cosa?
«Meno male che non è diventata presidente, non sa fare politica.
Sono fiera di non saper fare il suo genere di politica. Per quello scontro ricevetti molti attacchi interni e due ps sul blog».
Due minacce di espulsione?
«Due avvertimenti».
Nell’ordinanza c’è scritto che i consiglieri Ferrara e De Vito, a lei vicini, hanno chiesto un sostegno al costruttore per la sua campagna elettorale. È così?
«No. Quel che si comprende dalle carte è che stava tentando un’opa sui politici romani, muovendosi a 360 gradi e avvicinando anche alcuni del Movimento, ma non me o candidati regionali».
L’ha aiutata? Finanziata?
«Assolutamente no. De Vito e Ferrara mi hanno informata del fatto che volesse conoscermi. L’ho incontrato solo una volta, alla Camera, dove ogni ingresso è protocollato, perché volevo vederlo in una sede istituzionale e volevo che tutto avvenisse in trasparenza».
Cosa le ha detto?
«Ha parlato della sua azienda, della storia della sua famiglia.
Congedandosi, ha detto: mi faccia sapere se ha bisogno di qualcosa.
E lei?
«Non l’ho mai più cercato, visto o sentito da allora».

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