LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - “Schifo”, così intitola “Il Littoriale” del 23 settembre 1935 l’articolo con il quale comunica e commenta la fuga dei tre italo-argentini in forza alla compagine giallorossa avvenuta tre giorni prima ed esattamente il 20 Settembre. “Tre giocatori della Roma (continua l’articolo), Guaita, Scopelli e Stagnaro, sono fuggiti dalla Capitale e, dopo una breve sosta a Mentone, sembra siano arrivati a Parigi”.
Siamo a due giorni dall’inizio del campionato e la Roma dopo una splendida campagna acquisti punta decisamente al “Tricolore”. Nella stagione precedente l’attacco giallorosso, il migliore della Serie A, ha messo a segno 63 gol dei quali il 60% suddivisi tra Guaita (28) e Scopelli (11). La difesa invece ha incassato 38 gol; fin troppo evidente il reparto da rinforzare.
Dall’Ambrosiana arriva Gigi Allemandi e dal Bologna Eraldo Monzeglio, insieme costituiscono la difesa dell’Italia Campione del Mondo. Poi dall’Alessandria arriva Cattaneo e dal Cagliari D’Alberto. Alla fine in squadra ci sono ben quattro Campioni del Mondo: Masetti (1934 e 1938 anche se da terzo portiere), Allemandi (1934), Monzeglio (1934 e 1938) e il Corsaro Nero Guaita (1934). Una Roma da sogno.
La fuga dei “Tre Moschettieri” ha le sue origini con l’avvicinarsi della Guerra d’Etiopia e il timore di venir “spediti” al fronte. Il 19 Settembre i tre, come del resto tutti i giovani italiani, sono convocati per la visita militare obbligatoria. La Roma, come tutte le squadre all’epoca, ha chiesto come da prassi che il servizio militare sia svolto nella capitale. Del resto non è difficile ottenere questa possibilità, anzi. Il calcio è un’enorme macchina propagandistica del regime e ai calciatori sono concessi vari favori. Ma i tre, pur rassicurati dalla dirigenza Giallorossa, non sentono ragioni e organizzano la “Grande Fuga”.
Per questa ragione il colpo subito dalla propaganda è forte e forti sono le reazioni e i comunicati dell’allora regime fascista.
“Di pecore travestite da leoni domenicali non abbiamo bisogno ne crediamo opportuno continuare a nutrirci delle serpi in seno” (Cit. Il Littoriale 23 settembre 1935.)
Arrivati in Costa Azzurra i tre s’imbarcano per il Sud America. Da lì a poco l’Italia entrerà in guerra in Etiopia, arriveranno le sanzioni della Società delle Nazioni, il regime autarchico entrerà nel vivo e le fabbriche saranno “invitate” a “produrre cannoni invece di burro”.
Davvero i tre giallorossi rischiavano di andare al fronte?
Stando a quanto successe in precedenza in simili occasioni e quanto successe in seguito possiamo dire davvero di no.
C’è quindi una spiegazione diversa?
“Furono in parecchi tra i quali alcuni aspiranti dirigenti giallorossi a fare pressione sui tre perché abbandonassero l’Italia………..La ragione è la solita. Invidie, timori, manie di grandezza e tante altre cose. Questo è l’ambiente”(Cit. “Vita segreta della Roma” di G. Tramontano, 1964).
L’unica certezza e la sola verità è che una Roma di queste “dimensioni” procura davvero fastidio.
Ora, alla luce di quanto successo, il compito di mister Barbesino diventa davvero difficile. Per risolvere i problemi relativi alla fase offensiva schiera nella prima giornata contro il Torino il terzino Gadaldi in attacco. La Roma s’impone per 1 a 0, ma non può certo essere la soluzione definitiva.
A Testaccio il pubblico è abituato ormai a vedere splendide azioni e gol a grappoli, ora invece tutto il gioco si sviluppa sulla granitica fase difensiva. Si vince o si perde di misura. Nel girone di andata riesce a gonfiare la porta avversaria appena 9 volte.
Il 9 Febbraio del 1936 a Napoli, l’allenatore Barbesino butta nella mischia il ventenne Dante Di Benedetti al centro dell'attacco. La partita finirà 2-1 per la Roma e segnerà proprio lui un gol. Il ragazzo con il suo entusiasmo e con la forza fisica che mette in campo, oltre a buone doti tecniche, risolve i problemi della Roma: 7 reti in 13 partite ma soprattutto conferisce all’attacco il suo vero ruolo. La Roma consegue buoni risultati da quel momento e comincia a scalare le posizioni in classifica. Alla fine il Bologna vincerà il campionato davanti alla Roma per un solo punto, e questo non fa che aumentare il rammarico.
“Questo campionato della Roma fu quasi un miracolo. Un miracolo di saggezza, di abnegazione, di volontà e di prudenza. I “lupi” diedero tutti un rendimento ammirevole, reagendo al duro colpo che la sorte aveva voluto infliggere alla vigilia. Insidiarono la vittoria bolognese sino alla fine, dopo aver colto, nel girone discendente, un notevole numero di schietti successi” (Cit. Storia Illustrata della Roma, Olimpia Editrice, 1954).