ULTIMOUOMO.COM - Il terzino della Roma Emerson Palmieri, rientrato tra i convocati domenica scorsa dopo il grave infortunio al ginocchio, ha rilasciato un'intervista al portale sportivo. Questo uno stralcio delle sue parole:
28 maggio: la partita dell’addio di Totti, ma anche quella del tuo infortunio…
Era un giorno bellissimo. Il giorno dell’addio di Totti, io avevo ricevuto la convocazione in Nazionale e avevo già la mia roba negli spogliatoio per andare a Coverciano.
A fine partita sei rientrato in campo per salutare Francesco, che si è fermato e ti ha detto qualcosa all’orecchio. Cosa?
Nonostante le stampelle sono rientrato in campo per una questione di rispetto. Mi ha detto «Sei giovane, sei forte. Hai il futuro davanti». Il momento in cui Totti si ferma a parlare con me lo porto nel mio cuore. È una di quelle cose che potrò raccontare ai miei figli e ai miei nipoti: la fortuna di aver giocato con Totti e di aver trascorso quel giorno con lui.
Cosa ti ricordi del momento dell’infortunio?
E’ stato il momento più difficile della mia carriera, dopo la partita con il Porto. Quando ho fatto il contrasto ho sentito un dolore che non so neanche spiegare. Mi sono reso subito conto che era grave appena ho fatto quel movimento.
Sabatini, quando ti ha acquistato alla Roma, lo ha giustificato dicendo «mi piaceva come si muoveva»…
E’ stata una questione di dettagli.
Fino alla partita con il Porto eri un oggetto misterioso, e quella partita non ti ha certo aiutato…
Ho commesso un errore grave: è importante che lo riconosca. In quel momento tutti mi dicevano che non potevo giocare nella Roma, così mi sono seduto con Spalletti per decidere il mio futuro. Il mercato era aperto e magari potevo andare in prestito da qualche parte. Ma col mister abbiamo deciso che sarei rimasto per dimostrare il mio valore.
Ma la vera svolta c’è al derby vinto con la Lazio per 2 a 0…
È stata una delle mie migliori partite. Marcavo Felipe Anderson che conosco da tanto tempo, abbiamo fatto le giovanili del Santos insieme e sono riuscito a marcarlo bene.
Riguardo al gol contro il Villarreal?
Sono avanzato, avevo la palla sul destro ma non avevo nessuno a cui passarla quindi ho tirato.
E sul gran tiro contro il Sassuolo?
Contro il Sassuolo era più difficile. Era un cross di Radja e la palla rimbalzava, dovevo tirare ma pensavo di mandare la palla fra i tifosi, e invece appena ho calciato ho sentito che mi era uscita bene, ho pensato “mamma mia che gol”, e invece ho preso la traversa.
Riguardo l’impennata del tuo rendimento, hai cambiato qualcosa nella tua vita?
Ho eliminato la coca-cola e il cibo da fast food che mi concedevo dopo le partite. Ho cominciato a pensare che la preparazione della partita della domenica comincia il lunedì.
Spalletti non è famoso per puntare sui giovani, eppure con te non ha esitato…
Si è fidato di me nel momento in cui tutti avevano perso fiducia. Se oggi sono considerato un giocatore importante lo devo a lui.
E quando è andato via? Cosa hai pensato?
Quando è andato via sono stato triste, è normale. Quando una persona che ti vuole bene va via ovviamente ti rende triste ma il mondo del calcio è così, ora siamo avversari.
Di Francesco punta molto sugli esterni, dandogli ancora più importanza di quanta non ne desse Spalletti…
Sì, è vero, il mister insiste molto per giocare sugli esterni. Quando abbiamo giocato contro il suo Sassuolo era difficile difendere sulle fasce. Lui mi è molto vicino, mi aiuta e mi spiega cosa vuole da me.
Cosa vi chiede il mister?
Dare ampiezza, offrire sempre un’opzione in più in attacco, ma senza perdere di vista la fase difensiva.
Viste le prestazioni di Kolarov e l’infortunio di Karsdorp, giocheresti a destra?
A destra mi trovo bene. Ho giocato lì contro Palermo, Empoli e Milan, e mi sono sentito bene, penso di aver giocato bene.
E nel ruolo di esterno d’attacco?
Lì forse sarei in difficoltà perché dovrei giocare troppo spalle alla porta, mentre a me piace giocare con tutto il campo davanti, guardando la partita.
Fino ai 14 anni hai giocato al calcio a 5, questa cosa ti ha aiutato?
Mi ha aiutato moltissimo a giocare veloce, a uno o due tocchi, e liberarmi bene negli spazi stretti. A me piace giocare semplice, veloce, leggero. Dare la palla, muovermi, sempre a uno o due tocchi. A Spalletti non piacevano i giocatori che portavano palla, e la cosa mi ha aiutato. Mi ha aiutato anche nel dribbling: è la mia caratteristica migliore. Specie dopo aver dribblato il primo giocatore sento di aver preso velocità e mi sento bene, sento di essere difficile da fermare.
Tornando ad oggi, il tuo stile di gioco cambia a seconda del compagno di fascia…
Ad El Shaarawy piace scambiare la palla, fare uno-due. Mentre quando gioca Perotti non devi fare sempre la sovrapposizione e a volte è meglio lasciare lui da solo a fare uno-contro-uno.
C’è qualcosa di cui ti rimproveri riguardo la scorsa stagione?
La fase offensiva: mi dicevo sempre che dovevo provarci di più. Ma per me la cosa più importante è che la squadra non prenda gol per colpa mia. Per questo do il 100% in difesa, e poi in attacco devo pensare a fare sempre qualcosa di diverso dagli altri. Non posso limitarmi a fare cose scolastiche, tanto per farle.
In cosa senti di poter migliorare?Devo pensare a tornare al 100%, e solo dopo posso pensare a cosa migliorare.
Qual è la cosa che ti preoccupa di più dopo uno stop così lungo?
La precisione tecnica col pallone non mi preoccupa, non ho sentito nessuna differenza al rientro. Fisicamente è ovvio che non sono ancora al 100%, mi sembra di andare a cinquanta mentre gli altri vanno a mille. Però è normale. L’unica cosa è che sento ancora un po’ di timore quando vado nei contrasti, ma anche quello è normale.
Tecnicamente, non avendo ancora esordito con la Nazionale italiana, potresti ancora scegliere quella del Brasile…
Ora penso solo alla Nazionale italiana. Penso che un uomo deve avere solo una parola. Ci ho pensato tanto a questa decisione, quattro mesi, e quando ho detto che avrei voluto giocare per la Nazionale italiana ho dato la mia parola, e voglio arrivare fino alla fine con questa parola.