I quattro minuti di un idolo: Roma è già nel dopo-Totti

19/02/2016 alle 14:13.
fbl-eur-c1-roma-real-madrid-31

LA REPUBBLICA (M. PINCI / E. SISTI) - Senza di lui era precipitata, senza di lui è rinata. Forse la cosa che più ferisce il n. 10 della Roma, quel Peter Pan che con si era rassegnato a trasformarsi in Peter Panc, poco campo tanta panchina, è proprio questa: essere diventato di colpo ininfluente, l’occupante di uno degli armadietti del “vestuario”. Una volta per spaventare il serviva il miglior . Quando la Roma vinse al Bernabeu nel 2008, il problema della vigilia era: c’è ma non sta bene! Oggi vale 4 minuti per non servire a niente alla fine di una partita già persa. Ci sta che il n. 10 che Modric chiama «il mio idolo» e che Ronaldo definisce «impressionante!», si senta superfluo: «Intervistarmi? Ma che ce fai con me!».

Il suo “spleen”, dopo mesi silenti, nasconde la verità: per la prima volta la Roma non s’è dovuta aggrappare a , al suo charme, ai suoi gol, alla sua grandezza, per riemergere dalle sabbie mobili. Il che vuol dire che siamo di fatto entrati nell’era del dopo-. Lui è ancora lì, triste solitario y final, ma in realtà è già da rimpiangere, perché ha quasi 40 anni, perché è passato. Anzi è tanto passato, pochissimo presente e invisibile futuro. Forse il capitano sognava un tramonto da leggenda, di quelli col raggio verde prima della caduta del sole. Non sembra così purtroppo. In due mesi, senza , la Roma è fluita dal ko ai rigori con lo Spezia agli applausi con il . A prescindere dagli episodi che avrebbero potuto rovesciare la serata contro Zidane, la squadra non è ancora quella auspicata da . C’è ancora da camminare, da allenare, da lavorare. Ma qualcosa è già stato fatto: nel primo tempo i blancos hanno tirato in porta una volta soltanto e in non capitava addirittura dalla semifinale del maggio 2011 contro il . La Roma come il : qualcosa potrebbe significare.

I giallorossi non segnano come nei primi sei mesi di stagione. In compenso subiscono meno. Un gol a partita contro il gol e mezzo della gestione . La Roma s’è reinventata trovando un’identità nelle variazioni, nel flusso dei suoi nuovi “universali”. Puntando allo stile ha trovato il carattere. Cerca i punti, ma soprattutto cerca la squadra delle «prestazioni» e della dignità permanente. Il camaleonte Luciano ha alternato 7 formazioni diverse in altrettante gare, modulando schemi dall’antico al rivoluzionario 3-4-2-1, passando per e 4-1-4-1. E in nessuna formazione c’è . Al quale restano passerelle fugaci, dolorose: i 4 minuti contro il equivalgono, per qualche radio, «a un’offesa». In realtà era lui a rimandare più volte l’ingresso in campo, con la scusa di scaldarsi meglio per evitare ricadute, mentre Domenichini gli urlava: «Spicciati!».

Cosa resta del suo legame con la Roma? Il club lo vorrebbe già dirigente, lui si sente ancora atleta. Solo a marzo tornerà a Roma per decidere se assecondare l’inesauribile sua voglia di campo e ritardare di qualche luna le sue lacrime, per quello scarpino attaccato al chiodo. Avrebbe voluto chiudere con lo scudetto, . E se adesso chiudesse per quei 4 minuti senza raggio verde?