IL MESSAGGERO (U. TRANI) - «Non mi sento precario». Garcia, in fondo al tunnel della conferenza stampa della vigilia, si libera in pubblico del peso più grande. Che si è portato dietro per tutte le feste e che proprio nel giorno dell'Epifania vorrebbe allontanare da sè. Il francese, a prescindere da quanto non si senta ufficialmente dire in giro dal management italiano del club giallorosso, cioè Baldissoni e Sabatini, è sempre in bilico. L'input è della proprietà, cioè Pallotta e il braccio destro Zecca, scontenta delle prestazioni e dei risultati. L'addio alla Coppa Italia è stato decisivo per il futuro dell'allenatore. Da oggi pomeriggio a Verona, gara contro il Chievo, non ha più la possibilità di sbagliare. Il presidente lo avrebbe cambiato anche dopo il successo con il Genoa, il primo dopo un digiuno di 1 mese e mezzo: non fa niente che la Roma sia a soli 4 punti dall'Inter capolista. I dirigenti italiani, però, lo hanno convinto a rinviare il taglio e in cambio gli hanno promesso di ingaggiare Conte dopo l'Europeo. Lo scenario è chiaro. Ma può essere modificato dagli eventi. Il tecnico attuale parte come traghettatore di se stesso fino al traguardo. In caso di nuove sbandate o flessioni, già vissute durante il girone di ritorno nei primi suoi due anni, non si aspetterà la conclusione del campionato: esonero immediato. Dagli Usa, prima del Natale, il messaggio inviato nella capitale è stato inequivocabile.
PROFILO BASSISSIMO - «Parlo spesso con i miei dirigenti, con Mauro e Walter. E' la verità. Non ho bisogno di un’uscita pubblica di uno di loro. Lavoro per il bene della Roma e per vincere. A cominciare dalla prossima partita. E’ l’unica cosa che mi motiva. Io sono sempre combattivo e voglio guadagnare punti in classifica». Garcia chiama per nome Baldissoni e Sabatini. Si aggrappa agli italiani, nel momento cruciale della sua avventura romana. Sono loro che lo hanno difeso davanti a Pallotta e Zecca e che ora sono obbligati a metterlo nelle condizioni ideali per salvare la panchina. Con acquisti mirati all'esigenze della squadra, evitando di ripetere gli errori commessi nel gennaio 2015. Il francese, però, si rende conto che non è più nella condizione di chiedere niente. «E' appena andato via Iturbe e so che lo dovremo sostituire. Walter sta lavorando bene e c'è tutto il tempo per migliorare la squadra». L'anno scorso gli acquisti arrivarono fuori tempo massimo: la Juve, solo 1 punto di vantaggio sulla Roma la sera del 6 gennaio (17° turno, però), iniziò la fuga proprio durante il mese del mercato. «Non ho chiesto rinforzi per la difesa: abbiamo giovani come Ruediger e Digne che stanno migliorando. Poi non avremo più tante partite ravvicinate che ci levano freschezza fisica e mentale». Il tecnico, insomma, si fida del reparto arretrato che nelle ultime 5 partite ha subito solo 1 rete (Maxi Lopez, su rigore tra l'altro). Non fa niente che sia il 6° della serie A: pure il Sassuolo, oltre alle prime 4, ha incassato meno gol (15) dei giallorossi (18).
POCA SCELTA - La Roma è a Verona con 22 giocatori(compresi i 3 portieri e 5 Primavera). Meno del numero consentito per allestire la panchina. Restano a casa Pjanic, Nainggolan, Dzeko, Keita, Uçan, Totti e Strootman. Mancano ricambi per il centrocampo e De Rossi resta in dubbio. Garcia non si può però permettere nemmeno l'alibi della rosa sgangherata: «Il gruppo è motivato e ha lavorato in maniera dura: sta vivendo con entusiasmo e gioia e questo per me è molto importante. La trasferta è comunque delicata: il Chievo lotta sempre, come dimostrano i tanti falli che commette».