La Roma non va oltre lo 0-0 nel derby contro la Lazio. I giallorossi si sono scontrati contro il muro progettato da Reja che ha pensato più a non concedere che ad attaccare come testimoniano i tiri subiti da De Sanctis: zero.
Le buone notizie per la Roma sono arrivate da Verona dove la Juventus ha pareggiato contro l'Hellas non riuscendo ad allungare in classifica sui giallorossi.
Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
Corriere dello Sport - G. Dotto
Devono crederci. Non può essere un caso. Eravamo ancora lì straniti e molto offesi a chiederci perchè Destro non avesse aggredito la palla sull’assist al bacio di Bastos, a porta vuota, invece di starsene appiccicato alle gonne del difensore, quando Romulo, che Dio lo benedica, metteva quell’assist al bacio, ed era lui, per una volta, che allattava la lupa, prossima allo sconforto. Giochi ancora più aperti che mai. La rimonta del Verona, contro una Juventus come sempre baciatissima dal dodicesimo uomo malfischiante, è puro testosterone in un passaggio da brividi della stagione, dove la forza mentale conta più di quella fisica. (...)
L’ennesimo derby se n’è andato con tutte le sue isterie da manuale, senza lasciare questa volta troppi cadaveri in scia, ma solo mediocri soddisfazioni e qualche rimpianto. Andrebbe arrestato il derby, per quanto tossico e molesto. Edy Reja se ne va a nanna con il suo punticino e finalmente dormirà come un bambolotto, libero dall’incubo dell’animistico Gervinho. La Roma è stata dominante per tutto il secondo tempo. A fischiare il fuorigioco di Gervinho ci vuole coraggio. Nove volte su dieci non lo fischiano. E, infatti, non l’hanno fischiato a Tevez, ieri a Verona. E’ l’istinto più elementare che lo dice ma, quando c’è di mezzo la Juve, anche l’istinto è difforme. Niente. Con la Roma diventano tutti fenomeni, tutti spericolati decifratori del centimetro. Da Turone a Gervinho, passando per il gol capolavoro di Osvaldo in rovesciata contro il Lecce.Ma, senza piangersi addosso, o almeno quel minimo che serve a convertirlo in rabbia, la Roma di ieri e di sempre manca dove appunto manca la rabbia. Tutti amiamo, fin troppo, Pjanic, ma io non lo perdono quando esita. E lui esita troppo. E’ la sua natura. Lui è un esteta a vocazione contemplativa. Esita colpevolmente nel primo tempo la botta a colpo sicuro su assist di Maicon ed esita a tredici minuti dalla fine nel poggiare da destra l’assist al centro con la Lazio in sbilanciato affanno. Insomma, non ha l’esprit assassino, lacuna non da poco in una squadra che ne ha da vendere, e su questo bisognerà meditare alla prossima faraonica offerta. Meglio, molto meglio di lui, il Ljajic attuale. Più tonico, più cattivo, più abile nel dribbling che nell’assist, e ora sta imparando la verticalità cara a Garcia. Qualche meditazione la farei anche su Destro. Non mastica la stessa lingua tecnica dei compagni e può starci, in questa squadra, solo se feroce nel pressing e soprattutto in area.
Il Messaggero - M. Caputi
È stata la giornata delle occasioni mancate. La Juventus non ha allungato e la Roma non ha accorciato. Entrambe avrebbero potuto sferrare una zampata importante. Conte e Garcia hanno di che lamentarsi. Uno ha visto la propria squadra buttare al vento una vittoria che sembrava fatta.
L’altro ha visto infrangersi contro il muro biancoceleste ogni tentativo di ottenere il successo. Nulla è dunque cambiato dopo novanta minuti, o forse no. Banalmente è passata un’altra giornata e il distacco, seppure la Roma deve recuperare con il Parma, è di nove punti, tanti. Sono le sfumature, però, a rendere meno scontate le considerazioni semplicemente numeriche. Tra le due squadre, il pareggio più amaro lo ha ottenuto quella bianconera. Padrona assoluta del campo la Juventus, subita la rete di Toni, si è fermata, ha perso sicurezza e brillantezza. I gol presi sono praticamente simili, a difesa schierata, un vizio che non è nuovo per i ragazzi di Conte. C’è poi un altro aspetto: il Verona, persi i troppi timori del primo tempo che l’avevano praticamente bloccata, ha finalmente attaccato e giocato la sua partita. Facile a dirsi con il senno di poi, ma una chiave futura può essere proprio questa. La Juventus, in Italia, quasi non si aspetta di poter essere aggredita nella propria metà campo, e la sua difesa non è più cosi imperforabile.
Proprio in virtù dell’inaspettato risultato della rivale, anche per la Roma il pari ha un sapore aspro. La Lazio di ieri è lontana parente di quella dell’andata, finché ha potuto si è difesa senza rinunciare alle incursioni offensive, poi ha stretto i denti, fino a ottenere ciò che voleva. Totti e compagni ci hanno provato sino all’ultimo, mancando spesso la giocata giusta negli ultimi metri. Non era la prima volta, non sarà l’ultima che la squadra di Garcia troverà squadre ben chiuse. Tranne che nel derby e con il Cagliari, la rete è sempre arrivata, però si ha la sensazione che, nonostante la bravura e l’imprevedibilità generale dei suoi interpreti, in certe gare sia necessario avere un centravanti, un attaccante vero. Tutte le grandi squadre lo hanno, la Roma ha Destro. Sarebbe importante capire se, per il presente e il futuro, potrà essere lui il giocatore con quelle caratteristiche.
La Gazzetta dello Sport - A. Cerruti
(...) L’altra faccia di questo difetto, a parità di sconfitte (1) con la Juventus, è la difficoltà della Roma di trasformare i troppi pareggi (6 il doppio della capolista) in vittorie, per la mancanza di concretezza sotto porta. Non a caso, mentre i bianconeri non sono mai rimasti a secco, i giallorossi fanno scena muta per la terza volta, dopo lo 0-0 con il Cagliari e lo 0-3 contro la Juventus. A nulla serve in questo caso la migliore difesa, né la velocità di Gervinho o l’ingresso del debuttante Bastos. Senza un cannoniere d’area piccola che non potrà mai essere Totti, senza Destro troppo a lungo in panchina, la Roma rischia di essere bella e impossibile, con sei giocatori già a quota cinque gol (Benatia, Florenzi, Gervinho, Ljajic, Strootman e Totti) ma con due reti complessive meno del Napoli e undici meno della Juventus.
Il Corriere della Sera - M. Sconcerti
La Roma ha spesso tenuto in mano il derby senza riuscire seriamente a concludere. La Lazio ha giocato sempre per pareggiare e alla fine c’è riuscita chiudendo gli spazi con una doppia superiorità numerica nella fase difensiva (5 contro 3). La palla è stata naturalmente della Roma, ma nel calcio il possesso è un’opinione, non per forza gol (...)
La Repubblica - G. Mura
(...) E’ stata una domenica di fuorigioco sul filo. A rimetterci di più il Cagliari: il gol di Sau era valido. Ci rimette anche la Roma, perché una vittoria avrebbe aperto altri orizzonti, ma non può prendersela con l’arbitro o la malasorte. Primo tempo equilibrato, secondo tempo con la Lazio schiacciata ma poche vere occasioni da gol. Reja ha badato a chiudere le corsie laterali, soprattutto dalla parte di Gervinho, puntando sul contropiede veloce. Finché Candreva e Lulic hanno avuto gamba, ha funzionato. Poi la Roma ha cercato seriamente di vincere, giocando un calcio accettabile ma senza acuti. Totti ci ha provato da fuori, Gervinho e Pjanic da dentro l’area, ma tutto sommato il pallone migliore l’ha avuto Florenzi che però ha scelto la via più difficile: calciare al volo anziché stoppare e tirare prendendo la mira. Anche per Garcia, come per Conte, una caramella dolce dalle facce nuove: promettente l’esordio di Bastos. Se si tien conto che con l’arrivo di Reja la Lazio ha cambiato passo e rendimento, un pari nel derby fuori casa non è un risultato negativo per la Roma (...)