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Donadoni: "Questo è un calcio illogico e maleducato"

28/12/2008 alle 19:36.

ANSA - Elegante, rapido, diretto. Roberto Donadoni vuole esercitare fuori dal campo le stesse doti che lo consacrarono come talentuosa ala del Milan degli Invincibili. Il risultato sulla panchina, di club e soprattutto della nazionale in un 2008 da dimenticare, non è stato altrettanto glorioso. «Ma se qualcuno mi giudica uno sconfitto non mi tange, fa parte del gioco. Il mio bilancio personale è però positivo - dice - Il 2008 è all'insegna del più, culmine di due anni splendidi. Anche se chiaramente agli Europei tutti vanno per ottenere il risultato. Mi dispiacciono invece certi giudizi di chi parla e non sa, non ti conosce. Ecco, quella è cattiveria e dà fastidio».

Donadoni parla di un calcio italiano «illogico» e dedito al vizio della «maleducazione»: troppe isterie, troppe contraddizioni, troppa superficialità. «Ma sono convinto che in fondo in fondo, di fronte a uno specchio, in tanti la pensano come me. Però fa comodo agire diversamente». Pensa a quel continuo 'daglì al «presidente mangiallenatori che si trasforma poi in panchine in bilico alla prima sconfitta»; o alla mancanza di equilibrio di un calcio che elogia «la per la sua partenza, la giudica rotta all'interno per alcune sconfitte, e poi squadra dell'anno quando torna a vincere. Tutto questo è illogico». Ma come diceva il medico del Milan degli Invincibili, «se un *** morde non è colpa sua, ma del padrone. Così se c'è maleducazione e mancanza di rispetto, non è colpa dei giocatori. Se parli di cultura sportiva, e poi nello spogliatoio dici a un tuo giocatore che ha fatto bene a simulare, che senso ha?», dice Donadoni, a titolo di esempio.

Da questo calcio oggi l'ex ct è fuori: «Spero di tornare presto, il campo mi manca e mia moglie non mi sopporta più sempre davanti alla tv a seguire quello italiano e quello estero. Però vorrei un progetto serio nel quale mi riconosco», È stato un rigore sbagliato a decidere che Donadoni non fosse più ct azzurro. Ma a quella sliding door, quella porta che scorre e cambia destino, il tecnico bergamasco non vuol pensare. «Fosse entrato quel penalty di Di Natale, avrebbe potuto essere tutta un'altra storia, è vero - confessa al telefono dalla sua casa bergamasca - Ma io non ragiono così, per carattere non ricordo e soprattutto non è la mia logica: tutti noi dobbiamo imparare a non fermarci a questo. Penso agli allenatori esonerati: tutti criticano sempre i presidenti mangiallenatori, poi alla prima sconfitta si parla di allenatore in bilico».

Ecco quel che non va del 2008, non solo suo ma del calcio italiano: «Sacchi parlavo di cultura della sconfitta, e io mi riconosco nelle sue parole: ma anche senza di lui, basta un pò di buon senso per capire che il calcio italiano ha ancora un gap enorme da colmare, e tanto cammino da fare. Non si possono esasperare così le sconfitte». Per questo nessun rimpianto su come è andata a Vienna, all'Europeo. «Il riconoscimento me lo dà la gente che ho incontrato: è vero che chi ti avvicina di solito ti avvicina solo chi ha un complimento da farti. Però ho ricevuto attestati di stima, la gente ha capito e apprezzato il mio comportamento».

Con Lippi non c'è stata mai occasione di un saluto o un chiarimento, «ma d'altra parte non ce l'ho mai avuta con lui nè l'ho offeso: ho solo detto che lui ha un modo di comportarsi diverso dal mio, senza giudicarlo. Ognuno è libero...». Con i giocatori azzurri invece i contatti sono rimasti: «Non mi piace essere ingombrante e poi sotto Natale, lo so, meno telefonate ricevi e meglio è per un calciatore. Però sono legato a tutti». Apprezza l'exploit di Del Piero («un campione, a stupire semmai è chi lo aveva criticato nei momenti di calo»), conserva affetto per Cassano. «Non so come finirà con l'azzurro, non conosco le intenzioni di Lippi. Antonio - sottolinea Donadoni - ha qualità tecniche straordinarie, ma lui sa che non bastano. Per questo nel 2009 gli auguro di non dimenticarsi quel che ha ripromesso a se stesso tutte le volte che ha sbagliato». Un calcio meno illogico, appunto.