IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Certo, alla vigilia di Palermo-Roma, gara con obbligo di vittoria per i giallorossi (per tutta una serie di ovvi motivi), ci mancava pure il disfattismo di Jim Pallotta, che della Roma è il presidente. Quel disfattismo ambientale che, alla vigilia della sfida di Lione, Lucio aveva vigorosamente respinto. Invece ti alzi la mattina e ti ritrovi sul desk le dichiarazioni di Jim, rilasciate (con tanto di audio) a un'emittente statunitense (Sirius XM FC). Parole toste, anche legittime, visto che lui è quello che comanda, decide e mette i soldi. Si definisce frustrato, tanto per cominciare. «Con il Lione è finita la benzina e i giocatori sono stanchi perché in estate sono state fatte scelte sbagliate». E ancora: «Sono frustrato perché in Francia abbiamo giocato bene e poi è finita la benzina. Credo che alcuni giocatori siano stanchi per i troppi minuti giocati, e questo è dovuto sia agli infortuni, sia ai nostri errori nel mercato estivo perché non abbiamo fatto scelte giuste su chi tenere e chi no e sui calciatori giovani che abbiamo dato in prestito e ci avrebbero fatto comodo per dare riposo ai titolari. Le altre squadre stanno godendo dei loro benefici, ma questa cosa cambierà in futuro». Dopo essersela presa, senza nominarlo, con Sabatini, la frecciatina la invia a Spalletti. «A 5 minuti dalla fine giovedì, Strootman non tornava e non per attitudine, lui è un guerriero. Molti hanno giocato tanto, Fazio nelle ultime tre partite ha avuto un momento difficile. Negli ultimi due anni non ha giocato molto, penso sia stanco. Nel caso del Napoli prima della partita non avevo buone sensazioni per la formazione. Abbiamo inserito Salah a trentacinque dalla fine, con lui abbiamo creato tante occasioni e preso due pali. Ha aperto la partita, magari poteva essere messo prima o dall'inizio. Penso che lo abbia ammesso anche Luciano (Spalletti, ndr) dopo la partita. Col Napoli potevamo fare meglio». Ecco, questo è. Ma come succede spesso, le parole vengono riviste e corrette, attraverso il canale ufficiale, Roma radio. Ci sta che uno capisca di aver esagerato, ci sta anche di voler rettificare, ci sta meno che la colpa venga sempre data agli altri. Se si crea un buco, si prova a mettere una toppa. E la toppa, talmente era grosso il buco, viene addirittura messa intorno alle 7 di mattina (ora statunitense), quando Jim da Boston parla in conference call con i suoi dirigenti - non escluso che la rettifica sia stata chiesta anche da Lucio - per concordare un piano di rientro dialettico nell'intervento, di lì a poco, su Roma radio.
JIM COME DONALD - Il Pallotta bis parla di fandonie. Quali? Le dichiarazioni erano sue. «Sono rimasto sorpreso di come a Roma si estrapolino le mie parole, come succede con Trump che negli Stati Uniti. Sono stanco di tutte queste fandonie». Pallotta come Trump, un misto tra un (auto) complimento e un (auto) accusa. Ma andiamo avanti. «Non mi permetterei di criticare Spalletti apertamente (lo ha fatto, ndr), è sciocco pensarlo, in caso lo farei in privato. Abbiamo giocato tante partite e questo ha comportato un grosso dispendio di energie fisiche e mentali, in questo senso i giocatori erano in difficoltà (cosa ci sarà di male a dirlo e pensarlo? ndr). E' fisiologico. La squadra reagirà». Se - come dice - non ha attaccato Spalletti, è evidente che non lo abbia fatto nemmeno con Sabatini. «Non volevo criticarlo, Walter ha fatto cose straordinarie e comunque se errori ci sono stati non ha sbagliato da solo. I meriti sono superiori ai demeriti: stiamo cercando di creare un grande settore giovanile. Abbiamo talenti in giro, a me non piace molto mandarli in prestito, è frustrante vederli fare la differenza».
LA REAZIONE - Spalletti non sembra reagire benissimo, la sensazione è che le parole di Pallotta, al di là della versione II, non siano state graditissime. Comunque non sbotta, anche perché se non c'è aria di (auto) conferma, che sbotta a fare? Meglio volare alto. «Io vado avanti per la mia strada, sono il responsabile. Pallotta ha voluto solo incoraggiare i calciatori, magari mettendo un po' in discussione l'allenatore. Non voglio fermarmi sulle mediocrità, mi piace guardare il concreto, l'obiettivo. E adesso bisogna tirar fuori la ruota da fango e io sono il primo a provarci perché ho il volante in mano. A volte nello spogliatoio proviamo a dirci delle verità ma la cosa importante è come ti guardano i calciatori e loro mi guardano nel modo giusto. Quello che diventa fondamentale è avere sotto al cofano i cavalli giusti per uscirne. Siamo in un momento difficile, ma ne usciremo». Spalletti, sulla questione stanchezza, resta della sua idea. Ma non tanto nel pensare che la squadra non sia stanca, quanto nel non dirlo per non creare alibi. E su questo possiamo essere d'accordo. I dati dicono che è normale avere un calo quando si viene da un ciclo di partite così ravvicinate, e se poi la rosa non è adattissima, nel numero, a tre competizioni, il tutto è ancora più evidente. «Parlare di quello che potevamo fare nel mercato di gennaio significa buttare via il fiato e ora non serve. Pallotta mi ha fatto dire qualcosa da Baldissoni sulle sue parole, io non ho ombre (parola che usa spesso perché sostiene che tanti la usino nei suoi confronti, ndr) e sembra che qui si è in tanti ad averne, e ridico la stessa cosa, cioè se vinco resto, se non vinco vado via. Conta il momento, anche per i calciatori: chi vuole bene alla Roma non pensa ai contratti, si pensa alla partita di Palermo. Se ho firmato per la Juve? Io sono qui, non ho firmato pre contratti con nessuno». E sui giovani, chiamati in causa da Pallotta, Spalletti ha chiarito. «Se si vuole percorrere quella strada bisogna smettere di pensare alla vittoria. Noi vogliamo vincere e sono fiducioso nei calciatori. Non cambio idea su ciò che ho detto a dicembre su di loro. Continuo a pensarla così».