LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Così tanta voglia, così tanta gente. Sono almeno in 53 mila per una partita che non conta quasi nulla (nessuno s’illude che il Napoli lasci due punti a Torino). A parte la zona geo-politica della protesta, che non è tifo mancante ma solo un buco nello stadio, l’Olimpico di ieri sembrava una vecchia foto, un vecchio pezzo di carta ”politenata”dai bordi irregolari, bruciacchiati, mangiucchiati, tirato fuori dal cassetto. Sembravano gli anni in cui allo stadio venivano tutti, senza riserve né fatica, senza mai pensarci due volte. E anche per vedere la Reggina. Settori rimasti chiusi per quasi tutto il campionato ieri erano stati aperti. Ed erano pieni come 20 anni fa. C’erano fantasia, colori, speranza. Uno stadio vero. Spalletti lo sognava da mesi. Glielo regalano alla fine. Ed è proprio alla fine della partita (3-0 per la Roma, un palo del Chievo col bravo M’Poku) che si spiega tutto. Come il resto della squadra, Totti fa il giro di campo per il tradizionale saluto di fine stagione.Ma non è un saluto normale. C’è qualcosa di più. Sembra quasi un addio corale. Come se il mondo romanista volesse anticipare qualcosa in cui ancora non sa se credere o meno: la fine della carriera del suo capitano. Si parla di rinnovi, pensano in molti, ma intanto commuoviamoci adesso, mentre lui è ancora in campo, vestito con quella maglia e con quel numero addosso. Non si sa mai. Anche Totti del resto è sibillino. A chi gli chiede «ci vediamo l’anno prossimo?» con la mano fa il gesto del no. Però sorride. Che è come dire sì. Nella sua partita n. 600, di Totti resta questa struggente sensazione: che ieri la sua gente ha voluto unire, nel commiato, l’amore incondizionato ma anche la comprensione dei dilemmi del giocatore e dell’uomo, ringraziandolo per tutto. A cominciare dalle emozioni delle ultime settimane. E anche ieri Totti è stato magico. Non doveva salvare barche alla deriva o intrappolate in chissà quale palude non segnata dalle carte. Non c’era nessuna partita da ribaltare o sconvolgere. Eppure anche ieri, con quel magico assist di prima a piatto destro aperto per Pjanic, ha acceso la luce, la sua luce (40’ st). È così bello vedere il calcio, quando il calcio è così bello. Forse anche al Chievo sarà convenuto non opporsi: siffatti gesti fanno bene a tutti, teniamoceli stretti. Totti applaude il movimento di Pjanic, Pjanic indica Totti («il gol è tuo!») e invita lo stadio a unirsi a lui nel plauso al capitano. La partita era finita prima che entrassero Totti e Strootman, simboli di oggi e forse anche di domani. La Roma aveva segnato nel primo tempo con Nainggolan (19’) e Rüdiger (39’) e giocato frizzante negli spazi concessi. Il Chievo di mezzogiorno si è adattato con onesta, limitata vitalità. Passerella.