LA REPUBBLICA (G. MURA) - In una delle frasi di Spalletti, appena arrivato a Roma, mi par di trovare un’onesta bugia: “La squadra sta bene”. Con tutto il rispetto, se stesse bene non avrebbe vinto solo una delle ultime dieci partite con Garcia. Nei mesi di vacche magre Spalletti è pur passato allo Zenit: fu esonerato con la squadra seconda in classifica, ma con una sola vittoria nelle ultime undici partite. L’onestà consiste nel negarsi, a bocce ancora ferme, un alibi. Con una squadra in salute, il nuovo tecnico s’impegna a vincere subito: non sarà difficile col Verona, ma una settimana dopo c’è la Juve. Non è assolutamente il caso di discutere il valore del tecnico, l’ultimo tra l’altro a portare trofei nella sede sociale. È il caso di chiedersi se abbia tempo e uomini per invertire la tendenza negativa e fermare la caduta in verticale di una squadra che sicuramente ha problemi di testa, ma anche di fiato. È insicura, vedi le tante rimonte subìte, e tende ad ammucchiarsi davanti alla sua area negli ultimi 20/30 minuti perché pochi hanno le gambe per attaccare o almeno tenere il pallone lontano dall’area.
Già dal primo allenamento s’è capito che Spalletti cancellerà una delle peggiori iniziative di Garcia, ossia Florenzi terzino. Può farlo occasionalmente ma non è il suo ruolo: da quel lato le squadre avversarie hanno sfondato a ripetizione. Il soldatino Florenzi dove lo metti sta, ma se si trova da solo a saltare con Kucka è chiaro che qualcosa o molto non funziona. Il ritorno di Andreazzoli, un tattico organizzatore, sottolinea quanto sia importante rinforzare i meccanismi difensivi. Da lì si parte, come ha fatto Sarri a Napoli. Il marchio di fabbrica di Spalletti è il 4-2-3-1. Non ha gli uomini per riproporlo, anzi non gli conviene riproporlo. A parte le condizioni di salute, Totti non ha più l’età per fare il falso nueve. Idem De Rossi, ricco d’esperienza ma lontano dal coprire tanto campo. Questo lavoro tocca a Nainggolan, quello che non si ferma mai (ma avrebbe bisogno di rifiatare). Manca un incursore come Perrotta, manca un regista tradizionale come Pizarro, non c’è una punta vera ma defilata, tipo Vucinic, ma forse questa parte potrebbe provare a recitarla Salah, molto più veloce di Vucinic ma meno lucido negli ultimi 20 metri.
Cosa mi aspetto: un formale 4-3-3 con Dzeko in mezzo e Florenzi e Salah ai lati. Dzeko non è Higuain né mai ha preteso di esserlo, ma forse, servito di più e meglio, qualche gol dovrebbe farlo. Gervinho, che lo spogliatoio (un po’ ingrato) considera il cocco di Garcia, è con le valigie in mano. Servirà a fare cassa. Arriverà un esterno (più attuabile Perotti di El Shaarawy). Potrebbe arrivare Criscito, che però agisce a sinistra mentre la Roma ha estremo bisogno di un terzino destro. Spalletti cercherà di recuperare Castan e spera nel ritorno di Strootman: sarebbero due pedine fondamentali, ma ci vorrà tempo. Ed è il tempo, oggi, il maggior nemico di Spalletti. Che poi oltre ai risultati ci sia una tifoseria, ostile o indifferente che sia, da recuperare, è un altro problema e non si può chiedere a Spalletti di risolverlo da solo.