GASPORT (M. CECCHINI) - Non sappiamo se diventerà o meno «il terzino destro più forte del mondo» (copyright Rudi Garcia), ma di sicuro il decollo di Alessandro Florenzi sembra anche il riscatto di un certo tipo di calcio. Ad un certo punto, infatti, hanno provato a farci credere che per diventare campioni fosse più importante essere dei Rambo piuttosto che dei Nureyev della pedata. Poi per fortuna un ragazzo di 24 anni - nel suo stadio - ricorda a tutti che il pallone ha bisogno anche di carezze e fantasia. E allora - al di là del gol segnato, di quello ingiustamente annullato e dell’assist per la rete di Pellè - la certezza che nella testa del talento romanista sia scattato qualcosa di grande e di bello lo segnala il fatto che, al minuto 80 e 45 secondi, Florenzi prova a segnare una rete da centrocampo analoga a quella realizzata un mese fa al Barcellona ed entrata tra le più belle della storia della Champions. La porta era la stessa, la volontà pure, è mancata solo la mira di quella notte felice, ma tutto sta a significare come il caso non c’entri più nulla con la crescita di un ragazzo che solo la volontà di Bruno Conti e Andrea Stramaccioni hanno strappato ad un futuro da comprimario delle serie minori, se non da barista, destino che gli sarebbe toccato se il calcio non avesse riconosciuto ad Alessandro quella gloria che merita.
«ANDIAMO A VINCERE» E proprio davanti agli occhi del suo amico De Rossi (in tribuna) e di Fabio Cannavaro, capitano della notte mondiale di Berlino, Florenzi il Trasformista - contro la Norvegia è partito centrocampista - lancia la sua sfida all’Europa che ci aspetta. «Non volevamo perdere per dare un segnale a tutte le Nazionali: l’Italia c’è, è viva, ha una grande storia e vuole vincere a tutti i costi. Da romano, poi, è stata è una grande emozione segnare in questo stadio, davanti a mia moglie e ai miei familiari in tribuna. Peccato mi abbiano annullato il 2° gol, mi hanno detto fosse regolare». Gli occhi di Alessandro sono quelli del ragazzo che ha la stessa fame dei giorni in cui era stato ceduto in prestito dalla Roma al Crotone, con un biglietto che non prevedeva sicuri ritorni. Per questo, ora, figuriamoci se si fa sconvolgere dal fatto che l’Italia non sia testa di serie all’Europeo. «Nessun problema. Penso che se vuoi ambire a qualcosa di importante, non devi fare graduatorie ma devi battere le più forti. E noi ci faremo trovare pronti». Una promessa fatta per lui, per nonna Aurora che lo segue mai a ciglio asciutto e per quell’Italia bella che applaude forte agli inni per coprire gli stupidi fischi alla marcia della Norvegia. Florenzi è l’Italia della normalità e del talento. Quella che stiamo cercando per andare lontano.