IL TEMPO (E. MENGHI) - Prime tracce di vera Roma. Il freddo australiano sembra aver restituito vigore ai giallorossi, che sono riusciti a battere il Real Madrid ai calci di rigore dopo 90 minuti senza gol. L’amichevole di lusso con cui si è aperta l’International Champions Cup se l’è aggiudicata l’«allievo» Garcia, non solo perché lo dice il punteggio (7-6 d.c.r), ma soprattutto perché la Roma, sfavorita sulla carta, è stata superiore in campo. I Blancos sono apparsi in ritardo di condizione e agli 80 mila spettatori del Melbourne Cricket Ground (quasi tutti di fede Real) non è bastato fischiare i giallorossi per mettere loro paura. Anzi, questa volta i fischi hanno portato nuova linfa vitale e reso l’atmosfera più simile a quella di una vera notte di Champions.
Tutt’altra storia rispetto al test con il Gyirmot Gyor. Se Totti e compagni avessero giocato come ieri anche a Pinzolo, difficilmente una squadra ungherese di seconda categoria li avrebbe mandati ko. Questione di motivazioni, che con il Real Madrid non mancano mai, e di preparazione atletica. Chi ha iniziato a lavorare in Trentino ora ha più gamba e ha dato a Garcia la risposta che si aspettava, dopo la tirata d’orecchie di una settimana fa. Quell’«odio perdere» pronunciato all’addio alle montagne italiane è servito a tirar fuori il carattere di chi era all’ascolto. L’aggiunta dei Nazionali ha fatto il resto, il tasso di qualità è salito, ma va detto che i rientranti hanno fatto fatica. Normale dopo il lunghissimo viaggio, lo sbalzo d’orario e di clima e le poche sedute effettuate prima di scendere in campo.
Castan continua a mandare segnali positivi, ha giocato altri 45 minuti assieme a Yanga-Mbiwa ed è stato praticamente perfetto. Ronaldo non si è mai visto, è bastata una buona versione di Cole per renderlo innocuo, Bale ha preso qualche iniziativa in più, ma né di piede né di testa è riuscito a centrare la porta. È stata la traversa, invece, a negare il gol a De Rossi dopo appena 4 minuti di gioco. Sulla ribattuta Totti è riuscito a superare il portiere, ma non Marcelo, che ha tolto il pallone dalla linea. Un ottimo inizio della Roma, che per larghi tratti ha tenuto il possesso palla e ha chiuso il Real nella propria area. Ad affondare ci ha pensato Gervinho, che ha giocato un tempo ai livelli della sua prima stagione in giallorosso e non come il fantasma dell’ultima annata.
Il titolo di «Man of the Match» è andato a lui, perché ha mandato in bambola la difesa dei Blancos, salvata da uno strepitoso Varane e dalla poca freddezza (confermata) sotto porta dell’ivoriano. Uçan ha sfiorato il vantaggio su un cross di Totti dalla bandierina, impegnando Navas in una bella parata. De Sanctis non è stato da meno e nel finale ha fatto le cose migliori, neutralizzando per due volte i tiri di Vazquez: un sinistro velenoso allontanato con i piedi e la conclusione numero sei dal dischetto, quella decisiva. L’errore del centrocampista di Benitez ha messo tra i piedi di Keita il match point dagli undici metri e il maliano, con la fascia al braccio, non ha sbagliato. Prima della lotteria dei rigori, Destro (che il suo penalty l’ha comunque segnato) aveva sfoggiato un sinistro al volo su punizione di Pjanic con cui ha (ri)dato prova del suo istinto per il gol. Torosidis si è fatto vedere solo per un fallo di mano in area, punibile ma non punito dall’arbitro. È stato «nascosto» invece Romagnoli, che nonostante gli 11 cambi è rimasto in panchina, ufficialmente per un affaticamento muscolare. Forse lui non farà mai parte della vera Roma.