GASPORT (D. STOPPINI) - Odi et amo, James Pallotta si consoli: è la stessa faccia di Roma, che il pollice lo gira all’insù o all’ingiù a seconda del momento, di una frase, di un risultato sportivo, in generale di un episodio. Il presidente ha diviso, spaccato. Fucking idiots è diventato un hashtag su Twitter, argomento di discussione principale, quasi unico, del mondo Roma di ieri. Cosa che certo non ha sorpreso Pallotta, ben consapevole di aver lanciato un sasso senza doversi preoccupare delle conseguenze. Era già successo dopo Roma-Juventus di un anno fa, maggio 2014, quando lui stesso rimase sconvolto dall’atteggiamento di alcuni suoi tifosi a difesa di Daniele De Santis. La telefonata di due giorni fa, le parole oltre il comunicato di domenica, sono figlie di un presidente che ha visto accostato il suo nome e quello della Roma, soprattutto al di là dell’Oceano, a fatti extracalcistici. Ironia della sorte, facendo passare in secondo piano una vittoria di fondamentale importanza in chiave campionato. Pallotta ha fatto la somma ed è sbottato.
SPACCATURA - E pazienza se...odi et amo. E pazienza se le sue parole non sono piaciute a tutti. Se in molti hanno visto nei toni usati da Pallotta un assist per la chiusura dell’intera Curva Sud, a svantaggio di chi nel settore era presente senza colpe. «Continui così, ci liberi da quegli idioti» da una parte, «Perché non si è mosso a difesa dei tifosi della Roma in altre occasioni? »: questa la sintesi delle due posizioni. Delle quali, ancora ieri, Pallotta ha preso atto senza grandi sussulti. Ben cosciente, per quanto lontano fisicamente dalla quotidianità romana, che sono davvero pochi i precedenti di presidenti del calcio italiano che hanno avuto la forza di andare contro i propri tifosi, ben oltre la tutela degli interessi personali.
ZERO SOLIDARIETÀ - Pallotta non è in grande compagnia. Ma in fondo non dev’essere segnale di preoccupazione, come pure il fatto che nessuno del mondo calcio ieri si sia esposto — né pubblicamente né privatamente — per esprimergli vicinanza. Preoccupazione è altro. Non è neanche l’odi et amo, che ha riguardato molti presidenti della Roma del passato. Verrebbe da dire quasi tutti, almeno in epoca moderna. Dino Viola veniva osannato per i righelli e criticato perché «bagarino», salvo poi tornare a essere omaggiato giusto per bombardare il suo successore, Giuseppe Ciarrapico. Destino molto simile a Franco Sensi, che un record in questo senso lo vanta: persino nel giorno della festa scudetto al Circo Massimo c’era chi gli dedicava un «bla bla bla». Ecco, Pallotta non è arrivato a tanto. Ma certamente ha avuto la forza di stimolare un dibattito. A cui si è iscritto il numero uno del Coni, Giovanni Malagò, che così ha commentato gli striscioni di sabato scorso: «Ero allo stadio e onestamente ho provato un senso di grande disagio nel leggere quel messaggio. Ho partecipato alla presentazione del libro della mamma di Ciro Esposito. Qual è la sua colpa? Dopo una tragedia ci può essere chi è più riservato e chi meno — ha aggiunto —. Ma conosco la finalità di quell’iniziativa, benefica, sociale, una missione nei confronti di chi non ha fortuna nella vita. Non mi sembra che ci sia nessuna speculazione. E alla fine questa vicenda penalizza la società perché si chiude la curva. La maggioranza delle persone che erano in quel settore adesso pagheranno un prezzo così elevato che non potranno vedere la partita». In fondo la fotocopia, in termini più urbani, del Pallotta pensiero.