IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Garcia rudissimo, ieri, al gruppo. «Siamo tutti in discussione, ora fuori le palle». È così, lo dice la storia del calcio, magari a Roma questa musica suona più frequente. Basti pensare che da quando ci sono gli americani al comando, sono cambiate teste dirigenziali (c’era Baldini, ora Baldissoni), presidenti (da DiBenedetto a Pallotta), allenatori (Luis Enrique, Zeman, Andreazzoli e Garcia) e tralasciamo i nomi che si sono alternati tra marketing, amministrativi, uffici stampa e così via. Solo uno è stato buono per tutte le stagioni, è il ds Sabatini, presente dall’inizio a oggi e chissà se anche domani. Risultato: un anno ottimo e il resto un accumulo di fallimenti o quasi. Quindi, tutti in discussione, sempre, a rotazione. Per ricominciare da capo, ogni volta. Garcia ieri ha parlato con la squadra, come al solito (smentite particolari controrepliche al tecnico, specie da parte di Totti). I toni ormai sono sempre più accesi, rancorosi, qualcuno racconta di sedie saltate per aria. Rudi e la squadra, una coppia che non sa più che dirsi e quando si parla, si accende. Diventa tutto un miscuglio: beghe da cortile, questioni tecnico tattiche, risultati che non arrivano e scarica-barile di ogni tipo, dai giocatori al tecnico e viceversa. Una sorta di «chi mi ama mi segue, chi è con me bene, chi è contro sta fuori». Un’altra mini resa dei conti. Quella definitiva a fine stagione. Ma la stagione può finire sempre domani o dopo domani, a seconda del fragore di un risultato che va al di là delle vecchie aspettative. Di partite non ne mancano tante per non temere un sorpasso con freccia attivata della Lazio (e questo per tanti sarebbe peggio di quel famoso 26 maggio) e non solo. E domani c’è una partita niente male, con la Fiorentina in casa per il ritorno degli ottavi di Europa League. Al timone della Roma un allenatore che si sente accerchiato, andato in confusione e che ora vive in uno stato nervoso: un giorno sostiene che qui «dovremmo sopportarlo ancora tanto», un altro, martedì sera, che «non vuole sentirsi un peso per nessuno».
LA VIA DI FUGA - Sembra riecheggiare il verbo di Luis Enrique, che un dirigente a proteggerlo ce l’aveva, cioè Baldini. «Vado via io, salvate lui», diceva l’ex dg dopo il triste pari con il Catania (di Montella). Andarono via entrambi, scapparono insieme. E Garcia rischia di fare la stessa fine: scappare. E non solo per i risultati, scadenti da Natale a oggi, ma pure per mancanza di motivazioni, di appeal sul gruppo. Il capo oggi sembra aver perso lo scettro. I giocatori, anche se con molto garbo, lo attaccano, facendo capire che la Roma è diventata una squadra prevedibile e senza schemi alternativi. I dirigenti non lo hanno ”sostenuto“, indebolendogli sul più bello la squadra a gennaio e la scorsa estate lo hanno privato di Benatia, lasciato andare via dopo che Rudi si era esposto davanti a tutti coloro che pensavano (sapevano) che sarebbe partito davvero. Doveva essere acquistato Basa, si doveva risolvere subito la questione Destro (con l’arrivo di un altro bomber più funzionale alle sue idee) e i terzini che sono arrivati non sono stati convincenti. Si aspettava di più da Iturbe, questo sì, ma non è colpa di nessuno. Forse quell’investimento poteva essere gestito meglio. Forse. Anche Rudi ci ha messo del suo, certo: scegliere Rongoni, il preparatore, che non veniva da una buona stagione nella Lazio, è stato un errore (Sabatini ha parlato di squadra poco brillante, infatti). Oggi Garcia è più lontano che vicino: ha mercato in Spagna (Atletico), Francia (Psg), Inghilterra (dal Tottenham all’Arsenal). Vedremo. E a Roma? I nomi tornano a circolare: Mazzarri, Montella, Di Francesco, il ct Conte o chissà, Garcia stesso.
I NUMERI DELLA CADUTA - Dal 6 gennaio in poi (Udinese-Roma, giallorossi a un punto dalla Juventus) la squadra di Garcia ha totalizzato solo 14 punti (2 vittorie, 8 pareggi e una sconfitta). In un’ipotetica classifica 2015, la Roma si troverebbe nona, dietro Juventus (25), Lazio (22), Fiorentina (21), Torino e Napoli (19), Sampdoria (18), Inter (16), Verona (15), con un punto in più di Empoli e Chievo (peggio solo Cagliari, Atalanta e Sassuolo). Avrebbe il secondo peggior attacco del torneo (tolti Parma e Udinese, due e una partita in meno) con 10 reti segnate, dietro solamente al Chievo. L’attacco è svuotato, la difesa ballerina, il portiere non dà più garanzie e il centrocampo si regge su Keita. Che altro può succedere?