IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Un incubo a lieto fine. Dopo mesi, Leandro Castan è tornato ad allenarsi insieme ai compagni a Trigoria. Ha svolto la parte atletica, toccato il pallone con i piedi, palleggiato, azzardato qualche tiro in porta. Quanto basta per tornare a sentirsi un calciatore. La prossima settimana è atteso da due controlli: il primo strumentale, l’altro clinico dai quali si capirà quando tornerà a lavorare in modo completo, potendo colpire di testa il pallone. Non sarà l’ultimo step: dopo un periodo di rodaggio, durante il quale bisognerà valutare come reagirà alle sollecitazioni alla testa, il difensore dovrà superare anche la visita d’idoneità.
IL CALVARIO La storia di Leo meriterebbe di essere raccontata in un libro o con un film. Una vita felice e fortunata che all’improvviso diventa un’incognita. E’ il 13 settembre, la Roma gioca ad Empoli. Dopo un primo tempo in affanno, il brasiliano è costretto a chiedere il cambio. Avverte giramenti di testa e vertigini: lo comunica a Garcia che lo sostituisce. A fine gara lancia un messaggio che in pochi recepiscono: «Ho un po’ paura ma sto bene». Si pensa inizialmente che le sue parole si riferiscano ai problemi muscolari che aveva avvertito nelle ultime settimane e che lo avevano costretto a saltare il debutto in campionato contro la Fiorentina. Il difensore invece pensa ad altro. E’ l’inizio del calvario. L’ex Corinthians sparisce dai radar: a Trigoria per tutelare la sua privacy, le informazioni riguardanti il suo stato di salute escono col contagocce e come spesso capita in città iniziano a circolare le voci più disparate. Il 20 novembre viene deciso di ufficializzare la diagnosi: gli esami hanno rivelato la presenza di una alterazione congenita vascolare all'altezza del cervelletto, conosciuto con il nome di cavernoma. Sebbene non rappresenti una minaccia per la vita del brasiliano rimane il rischio di un nuovo episodio. Dunque per tornare a giocare bisogna operarsi: «Mio figlio di 10 anni mi chiedeva perché non giocassi ma non potevo rispondere che avevo paura di operarmi. Così mi sono detto: che esempio sto dando ai miei bambini?», ha spiegato tempo fa. Il 3 dicembre si sottopone all’intervento chirurgico: dopo un’operazione di quasi 4 ore, l'equipe medica guidata dal luminare Giulio Maira, rimuove il cavernoma.
IL FUTURO Castan torna a sorridere. L’emozione che prova quando torna a Trigoria e la squadra gli tributa un lungo applauso nello spogliatoio, se lo porterà dietro per sempre. Sulle ali dell’entusiasmo si pone come obiettivo quello di toccare già in stagione quota 100 presenze con la maglia della Roma (è fermo a 75). Poi scende a 7-8. Ora, probabilmente, gli basterebbe entro il 31 maggio tornare a sentire lo speaker dell’Olimpico urlare il suo nome. Non è una chimera e sarà la visita prevista la prossima settimana a stabilirlo. Intanto la lunga convalescenza gli ha regalato inevitabilmente più tempo a disposizione. Ha seguito i compagni nella trasferta di Firenze e in casa non manca mai. Si è fatto tatuare un guerriero sulla spalla sinistra e quando può si relaziona con i suoi tifosi su Twitter. Una ventina di giorni fa, ne ha omaggiato uno inserendo la foto di lui bambino con il padre e il fratello. I tre indossano la maglia gialloverde del Galo de Comarca (il gallo del distretto), ossia del XV Jau, la squadra della città dove è nato e cresciuto in Brasile. Gli stessi colori della Seleçao: «Ho quasi la certezza che dopo il mondiale sarei stato chiamato – ha spiegato a fine gennaio - Purtroppo è capitato ciò che sapete. Ma sono sicuro che avrò una nuova chance».