IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Anche Garcia adesso ammette che i due pareggi interni di fila contro il Sassuolo e il Milan sono 4 punti persi. La frenata nelle ultime due gare all’Olimpico incide sulla classifica: la Juve, oggi a più 3, sarebbe stata 1 punto dietro alla Roma che, tra l’altro, ha perso lo scontro diretto del 5 ottobre solo perché Rocchi in quel pomeriggio allo Stadium fischiò a senso unico. Due occasioni, dunque, sprecate. E non casualmente. Perché il gruppo giallorosso non si esprime come l’anno scorso. Gioco e condizione fisica non sono le stesse. Il copione è spesso prevedibile e il ritmo sembra spegnersi in corsa. E l’allenatore non è sempre lucido quando deve intervenire: in diverse gare, ultimamente, ha sbagliato le scelte. In partenza e durante la gara. Il calo, fisico e psicologico, è di tutti. Dopo la pausa natalizia serve la sterzata. Mancano 22 gare al traguardo e con 66 punti a disposizione la corsa scudetto non è affatto decisa. Anzi.
NUMERI ANCORA FAVOREVOLI
La Roma non può lamentarsi del raccolto. I 2 punti in meno contano poco nel bilancio di fine 2014. Anche la Juve va più piano: 4 punti in meno dopo 16 turni e distacco inferiore (nel campionato passato, alla stessa giornata, aveva 5 punti di vantaggio). La cifra che potrebbe alla lunga fare la differenza è sintetizzata dalle gare in casa: i giallorossi ne hanno giocate 9, conquistando 23 punti su 27, i campioni d’Italia solo 7 e incassando 19 punti. Sono appena 4, invece, le vittorie esterne del gruppo di Garcia e in totale 13 i punti presi in trasferta in 7 partite anche per le due cadute di Torino e Napoli.
INFORTUNI E FLOP
La Champions ha rallentato le due rivali. Ma chi insegue sembra soffrire di più. Troppi interpreti vanno in altalena. Vecchi e nuovi. La Roma, già senza Balzaretti da 13 mesi, ha perso subito Castan e non ha ancora ritrovato Strootman. Due titolari della scorsa stagione. De Sanctis, dopo l’operazione al gomito, non è più lo stesso. E dimostra di essere terrorizzato appena deve giocare il pallone con i piedi. Maicon è disponibile solo parzialmente, come dimostrano le presenze dimezzate, e il suo rendimento non è nemmeno paragonabile a quello nella sua prima annata in giallorosso. Torosidis sta spesso male, Emanuelson non è pervenuto e Cole evaporato. De Rossi è ormai più difensore che centrocampista: lancia poco o niente e avanza solo sui corner. Compitino e fraseggio ravvicinato. Per Garcia non è più titolare. Iturbe, l’investimento top dell’éra statunitense, è invece scomparso. Mistero. Come per gli altri colpetti a vuoto sul mercato. Destro, miglior marcatore della Roma nel 2014 ( 14 gol), vive da separato in casa. Totti e Gervinho segnano poco: 2 gol a testa in campionato (2 e 3 in Champions). Serve, insomma, il bomber da scudetto.
PRESUNZIONE E CONFUSIONE
Garcia, fin troppo sicuro di sé, non governa come un anno fa. Ha scherzato con il fuoco contro il Sassuolo, sconfitta evitata a fine recupero, presentando la Roma incompleta nella gara da vincere a tutti i costi: fuori diversi titolari, risparmiati inutilmente per il City. Con il Milan ha rinunciato in partenza a Ljajic, il più in forma, proprio nella notte in cui non c’era Pjanic e serviva, come ha spiegato lo stesso tecnico, chi saltasse l’uomo sulla fascia contro Bonera e Armero, due riserve di Inzaghi. E, come spesso gli è accaduto nelle ultime partite, ha cambiato in ritardo. La difesa, imbattuta nelle ultime 2 gare, ha già preso 24 gol (14 in Europa): l’assetto è meno equilibrato. Troppi anche i match giocati a metà: il metodo di lavoro, più della preparazione estiva, è argomento di discussione da tempo. Poche le esibizioni convincenti. Tatticamente il contropiede è l’arma della disperazione: Gervinho pensaci tu. Ora però andrà in Coppa d’Africa. Con Keita. Assenze pesantissime.