IL TEMPO (G. GIUBILO) - Stavolta non si sono scansati, i laziali. Ci hanno anche provato, a regalare una gioia alla Roma, con un avvio coraggioso, ma la storia ha avuto vita brevissima. La Juventus che ha messo a ferro e fuoco l'Olimpico biancoceleste si è confermata di una dimensione che il primato solitario, recuperato dopo che i giallorossi erano stati illusi dalla vittoria sgraffignata a Bergamo, illustra spazzando ogni dubbio.
Aggressiva già sulla linea difensiva laziale, più pronta su ogni pallone vagante, mai realmente sofferente davanti a Buffon, micidiale in ogni ripartenza, non ha lasciato spazi alle velleità di una Lazio evanescente in attacco, anche dopo che Pioli aveva sostituito Klose e Keita con Djordjevic e Anderson. E questo perfino quando i bianconeri sono rimasti in dieci per un severo secondo giallo di Damato a Padoin.
Buone prospettive per la trasferta di Champions in Svezia, anche per l'affidabilità delle cosiddette seconde linee, basti pensare che per un’ora Pereyra è stato forse il migliore in campo. Dunque ci sarà ancora molto lavoro, per Pioli, se vuole legittimare le sue pretese di avere una formazione da posizioni il più possibile a ridosso del vertice, per adesso ancora fermo al dialogo tra le regine. Una dura lezione, ma in cattedra c'era la Juve migliore.
Di utile, dal viaggio a Bergamo, la Roma porta a casa i tre punti che le restituiscono il primato, per quanto, lo avrebbe perso qualche ora più tardi. Auspici non esaltanti per la trasferta di Mosca, la Roma bella e propositiva si è dissolta, travolta dalle troppe assenze e dai cambi forzati e dal conseguente turnover al quale Garcia ha dovuto adeguarsi per i troppi impegni ricorrenti, tra calendario e prestiti forzati alle Nazionali. L’Atalanta, avanti dopo neanche un minuto, è stata raggiunta e superata, ma nella ripresa la Roma è sparita dal campo, in tutta la stagione i bergamaschi non avevano creato tanti palloni da gol quanti gliene ha concessi la stordita difesa romanista, il solo Manolas da assolvere, inguardabili il solito Cole (tunnel da Raimondi!), ma anche il rientrante Astori, perfino De Sanctis troppo distratto.
Nel disastroso secondo tempo, Garcia ha perso anche Torosidis e ha dovuto far esordire Somma, diciannovenne figlio d'arte. E nel finale ha dovuto lasciare la panchina Keita, per limitare le sofferenze. Vero che al mancato giro di palla abituale della Roma ha contribuito l'assiduo ricorso dell'Atalanta al fallo sistematico. Alla fine Colantuono si è lamentato dell'arbitraggio, in realtà alla Roma manca un rigore per un clamoroso fallo di mano. Poche le note positive: su tutte il capolavoro di Ljajic per la rete del pareggio, poi il serbo avrebbe offerto a Nainggolan l'assist per il sorpasso, su questo gol la Roma avrebbe vissuto fino al termine con molti stenti.
Da apprezzare, ancora, il grande lavoro a tutto campo da Iturbe, anche in copertura, la buona volontà di Destro, il solo ad abbozzare il pressing sui difensori avversari. Vincere senza meriti può essere anche un segnale favorevole, però si è avuta l'impressione che i problemi emersi di recente siano tutt'altro che superati. Vero che a Mosca rientrerà qualche pezzo da novanta, Totti per primo, ma adesso lasciar fuori un Ljajic così ispirato non sarà facile.
Sarebbe riduttivo pensare che alla domenica, dalla tarda mattinata alla notte, con la coda del monday night, rimanessero le briciole, dopo quella lussuosa vigilia. L'attenzione è per il derby milanese e dal ritorno di Roberto Mancini sulla panchina interista, evento celebrato dalla Gazzetta con una valanga di paginoni, però in ballo non c'è, come ai bei tempi andati, un primato in classifica ma uno scontro a spallate per l'Europa minore, almeno per il momento. Segno che basta poco per confortare gli umori della Madunina, priva di accenti da protagonista, tra gli sbalzi di umore del Milan di Inzaghi e le prove avvilenti di un'Inter che il ritorno del tecnico marchigiano dovrebbe far dimenticare.
Tra le pretendenti a una posizione di privilegio, anche se per ora alle spalle delle regine, il Napoli deve confermare il momento di giusta euforia, ma al San Paolo arriva Zeman, che dal suo Cagliari ottiene il massimo lontano dal Sant'Elia. A Verona, sponda Hellas, una Fiorentina che vuole riscattarsi davanti al vecchio amico Luca Toni. Tutto sommato, sembra avere un turno favorevole la Samp, a Cesena compito non impossibile nonostante gli impegni azzurri abbiano sottratto preziose energie.