GASPORT (N. CECERE) - Un autogol da tre punti, ovvero come portare a casa il bottino programmato senza doversi spremere alla vigilia del debutto in Champions. Garcia più che all’Empoli, coriaceo e dignitosissimo, pure sfortunato come si evince dall’episodio-clou, ha pensato al Cska Mosca, l’avversario da battere all’Olimpico mercoledì. E allora Totti e Iturbe in panchina con Gervinho, che entra solo per i 10’ finali: alla Roma sono perciò mancati fantasia e creatività sia a ridosso che dentro l’area avversaria. Non c’è stato nemmeno quel predominio atteso in mezzo al campo stante la serataccia di Pjanic, lontanissimo dai suoi livelli. Così dopo un primo tempo in cui Nainggolan ha recitato da protagonista, meritando tutto sommato l’aiuto del palo nell’azione del gol (destro rasoterra da fuori area, la sfera batte alla base del legno e tornando in campo trova la schiena del portiere, tuffatosi, che la spinge dentro), nella ripresa si è assistito a una noiosa gestione del prezioso vantaggio, interrotta qua e là da qualche tentativo dei toscani di pervenire al pareggio. Eventualità che non sarebbe stata immeritata considerando sia le poche opportunità da rete sia la mediocrità complessiva di questa sfida.
La spinta - Il meglio quindi lo si è visto nei primi 45’, dove la Roma ha colpito anche un altro palo, con Maicon, lamentandosi sulla ribattuta per un mani in mischia generato dal tentativo di Pjanic di spedire in rete dal dischetto. Proprio il brasiliano è stato una fonte di gioco sollecitata in modo costante e redditizio. Ha infatti risposto bene sul piano della corsa e delle iniziative, macchiando però la sua prestazione con erroracci sotto misura: il palo lo prende da due metri e col portiere fuori causa; nella ripresa, smarcato da un sublime tocco di Florenzi, spara addosso a Sepe.
Sventagliate - Sull’altra fascia, Cole è stato un mezzo disastro. Lento, impacciato, incapace di arrivare sul fondo o di proporsi per i triangoli: non è riutilizzabile nel breve periodo, Garcia avrà preso nota. E così in alternativa al movimento di Maicon, è stato Nainggolan a sollecitare gli inserimenti di Florenzi con sventagliate precise e puntuali a tagliare il campo dalla fascia mancina. Sulla prima, Florenzi ha sfoderato un destro al volo insidioso e applauditissimo. Poi la difesa toscana ha preso le contromisure e lui si è spostato dall’altra parte per servire a Maicon l’assist del palo. Sussulti importanti in un contesto di equilibrio livellato in basso. Sulle difficoltà giallorosse incidono la buona organizzazione e i ritmi alti imposti per un’oretta dall’Empoli. Che ha subito una ghiotta occasione col vivace Verdi (mancato aggancio in area), e poi sopperisce alla minore capacità tecnica complessiva con un puntuale raddoppio sui portatori di palla. Anche la difesa concede pochino, muovendosi con puntualità soprattutto nelle uscite dall’area, in modo da restringere gli spazi a disposizione di Destro e di Ljajic. Il lavoro della formazione di Sarri potrebbe trovare il suo coronamento massimo grazie a un paio di iniziative di Mchedlidze, che va via in progressione a un Castan già annunciatosi in precarie condizioni fisiche. Difatti il difensore è costretto a lasciare nell’intervallo: chissà perché, in una giornata all’insegna della cautela, Garcia ha deciso di rischiarlo. Ad ogni modo, vista l’eccellente condizione di Manolas, il probabile ricorso ad Astori per la partita di Champions lascia i tifosi assolutamente tranquilli circa la tenuta del tandem di centrali difensivi. Pure De Sanctis si è riproposto con autorevolezza, neutralizzando in modo impeccabile i tentativi empolesi.
Mchedlidze - Subìto l’agguato della malasorte giusto all’ultimo secondo della frazione iniziale, Sarri ha atteso l’oretta di gioco per effettuare i suoi cambi: fuori quelli più spremuti e dentro la freschezza di Pucciarelli e i garretti di Moro. Ma è stato Mchedlidze a impegnare De Sanctis. La Roma eccezion fatta per l’incursione di Maicon (11’) sprecata sul corpo del portiere in uscita non ha saputo creare altro. L’inserimento di Gervinho al 36’ è parso più che altro dettato dall’esigenza di fargli fare qualche corsetta mentre l’ingresso di Keita è stato determinato dall’esigenza di farlo giocare in coppa al posto dello squalificato De Rossi. A proposito di squalifiche, Luciano Spalletti, dibattuto in tribuna fra le sue squadre più amate, ha dovuto assistere all’espulsione dell’amico Sarri (72’), troppo agitato nell’invocare un rigore. Che non c’era.