IL ROMANISTA (P. A. COLETTI) - Può un uomo cambiare le sorti di una squadra, una città, un popolo? La risposta la si trova nei numeri. Quelli della Roma di Rudi Garcia, l’uomo dei record che in poco tempo ha ribaltato il mondo giallorosso. Una squadra devastata dal 26 maggio e da due anni passati nel caos di tre allenatori che più diversi non si può, dopo poco più di 10 mesi si ritrova a essere una squadra formidabile con una qualificazione in Champions League già in tasca e ambizioni da scudetto.
Merito del cinquantenne di Nemours capace di azzittire tutti gli scettici e diventare uno dei personaggi più amati del calcio internazionale a suon di record: quello iniziale delle 10 vittorie consecutive (nessuno mai in Serie A era riuscito a vincere le prime 10 partite di campionato) e il record di punti in assoluto della storia della Roma. Settantatre in 31 partite, nessuno, nemmeno Liedholm, Capello e Spalletti erano arrivati così in alto. Ventidue vittorie, sette pareggi e due sconfitte il ruolino di marcia della Roma di Garcia in campionato con 62 gol fatti e 17 subiti. Solo la Juventus più forte di sempre, lo dicono sempre i numeri, e qualche decisione arbitrale più che discutibile, stanno impedendo ai giallorossi di guardare tutti dall’alto in basso. Ma a Garcia questo non interessa.
Pensa a sé e alla sua squadra. Quella che ha plasmato a sua immagine e somiglianza fin da quel 3 giugno quando a Milano ha incontrato per la prima volta Walter Sabatini. «Non sarà lei a firmare» gli disse il ds giallorosso. Ma l’ex tecnico del Lille ci ha messo poco a stregare il dirigente che pochi giorni dopo è volato con lui a New York per andare dal presidente Pallotta. Amore a prima vista tra l’americano e il francese. «Sarà il nostro Alex Ferguson» ha detto Pallotta dopo l’incontro negli uffici della Raptor a Manhattan. Garcia lo aveva convinto con una sola frase: «Io amo la mia squadra». E con orgoglio il presidente il 12 giugno lo ha presentato alla stampa come la sua «prima scelta da Presidente». Con parole e atteggiamenti si è portato da subito tutti i giocatori dalla sua parte, convincendo De Rossi a restare, Strootman e Gervinho a venire e bloccando la cessione di Pjanic. Giocatori che ha difeso a spada tratta fin da subito facendo infuriare più di qualche tifoso con quel «chi contesta è della Lazio». Salvo far poi ricredere tutti nel giro di pochi mesi, quando chiunque a Roma lo citava con orgoglio raccontando di «aver rimesso la chiesa al centro del villaggio».
Ma è sul campo che la rivoluzione di Garcia ha funzionato al meglio. Il modulo è lo stesso di quello dei suoi predecessori (Luis Enrique e Zeman) ma il suo 4-3-3, e sono ancora i numeri a certificarlo, è compatto dietro e devastante davanti. Tutti attaccano e tutti difendono, linee strette e pressing alto, le novità introdotte dal tecnico francese. Poi le scelte sui giocatori: ha voluto un portiere d’esperienza come De Sanctis, ha fatto esplodere il talento di Benatia, ha rigenerato Castan, Maicon sta vivendo una seconda giovinezza calcistica, si è inventato Romagnoli terzino sinistro e Florenzi ala, ha ridato centralità a De Rossi e Totti, ha dato le chiavi del centrocampo in mano a Pjanic, ha scommesso su Gervinho, ha trovato il modo di far convivere Destro con il capitano e ha voluto e preteso l’acquisto di un centrocampista come Kevin Strootman.
Proprio l’olandese, a detta di molti, è stato il fattore principale del cambio di mentalità della squadra. Una delle prove più dure che Garcia ha dovuto affrontare è stato proprio l’infortunio del numero 6. L’allenatore si è reinventato il centrocampo, cambiando il modo di giocare di tutta la squadra. E i numeri, ancora una volta, non mentono: nelle 23 partite di campionato giocate dall’olandese la Roma ha segnato 43 gol e subiti 11, una media a partita di 1,87 gol fatti e 0,47 subiti; nelle 5 gare disputate dopo la sconfitta di Napoli sono arrivati 13 gol fatti e 5 subiti, una media a partita di 2,6 e 1. Senza l’olandese la Roma segna di più, quasi un gol a partita, ma subisce il doppio. E proprio quest’ultimo aspetto non va giù a Garcia infuriato nel post partita di Roma-Parma per il gol subito nel finale. «Certe disattenzioni non devono più capitare» ha urlato negli spogliatoi e in sala stampa. Un’attenzione maniacale ai dettagli, necessaria per chi punta sempre al massimo. La rivoluzione di Garcia va avanti, l’uom