LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Lo 0-0 era l’unica opzione di una brutta partita inquinata da lunghi tratti di confuso agonismo. S’è visto, o meglio intravisto, un calcio bloccato, frenetico, sconclusionato, nebbioso, o estremamente prudente, un calcio anche violento, con i due colpi assestati da De Rossi a Icardi, e da Juan Jesus a Romagnoli. Avrebbero potuto portare a due rigori e due espulsioni. Ora c’è il rischio della prova tv.
Un calcio che né Garcia né Mazzarri possono avere ispirato. Meglio l’Inter perché è rimasta se stessa, ha aspettato, ha provato, ha ripiegato. Male la Roma che non ha mai capito perché le cose andassero così in campo. Stavolta Garcia non metterà fretta ai rivali, come è successo a Bologna una settimana fa. S’è preso un punto, ne ha persi due. Merito dell’Inter che ha concesso solo una nitida palla gol (Pjanic al 30’ del st). Ma la Roma ha accusato un morbo, una febbre tattica. I centrali non avevano i collegamenti attivi, si perdevano, troppi lanci lunghi, la palla non scorreva a terra. Garcia dovrà darsi una spiegazione in settimana. Domenica c’è il Napoli. Mazzarri sceglie Cambiasso, la sua corsa sarà antica ma almeno in partenza sembra dare più garanzie di Kuzmanovic. Garcia preferisce il centrocampo muscolare tenendosi Pjanic come soluzione finale. La Roma parte come sa. E illude. Gervinho in percussione è abbattuto da Rolando: la punizione di Ljajic è alta (3’). Al 6’ ancora Gervinho gira debolmente un bel lancio di De Rossi. Uno pensa: Gervinho non sanno come marcarlo, pena chi gli parte accanto e pena chi lo deve fronteggiare. Ma non è così. Gervinho sarà intermittente e impreciso.
L’Inter si organizza. Al 15’ Icardi è pescato da Guarin a centro area: bella conclusione in acrobazia. La Roma non riesce a ripartire, come se improvvisamente fosse stata privata di un centro logistico. Da che sembrava impaurita ora è l’Inter che recupera palla con facilità. Icardi si abbassa e Palacio allunga la squadra. La partita, che non ha un’identità precisa, produce allungamenti dei reparti e incomprensioni fra compagni. Abbastanza plateale quella che spalanca ad Alvarez, imbeccato da Icardi, la fascia sinistra al 27’. Sono buchi che la Roma solitamente non offre. La Roma non è mai rapida nel giro palla. L’Inter si ridispone sempre con comodità e fa muro al centro. Al 33’ testa di Nainggolan in tuffo, Destro ribadisce in rete ma la palla prende il palo e torna in campo dove un pietrificato Handanovic, tentando di bloccarla, se la butta dentro da solo: ma è tutto inutile perché Destro era in fuorigioco. La Roma vorrebbe animarsi di conseguenza. Ma le giocate decisive sono sempre troppo forti o troppo prevedibili, o completamente sbagliate. Roma senza intensità. Inter più umile e ordinata.
Strootman è stranamente lento di piede e nel ragionamento. L’Inter ha attaccato di più. Nel secondo tempo è evidente che il pendolo dell’emotività favorisce l’Inter. Non ci vuole uno scienziato per capire che la Roma è frastagliata e forse si può batterla, magari con una sola giocata. Gervinho in contropiede al 6’ viene a mancare al momento dell’assist: che è bello, centrale, arretrato, ma per un interista. Garcia sta per cambiare qualcosa perché la Roma continua a balbettare e a offrire praterie: quel qualcosa è Ljajic. Entra Pjanic. Roma con un 4-3-1-2. Per qualche minuto la pioggia accelera il gioco (palla che schizza, giocatori elettrizzati) ma non ne migliora la qualità. Pjanic è entrato per togliere quella patina di casualità agli attacchi della Roma, darle un senso, un ritmo, una finalità, togliere le ragnatele dai controlli di palla, tornare a proteggerla quando serve. Ma si macchia della colpa di mangiarsi il gol alla mezzora. La Roma adesso spinge, ma le resta attaccata la colla del primo tempo. Mazzarri risponde inserendo Hernanes per Alvarez. Ora il pareggio comincia ad avere il suo sapore: acido.