GASPORT (R. PALOMBO) - Il brivido più autentico lo hanno dato gli schermi dell’Olimpico, quando è stato segnalato il 2-2 del Verona. Orsato ci ha subito fischiato sopra la fine di Lazio-Roma, scatenando l’ira funesta dei giocatori giallorossi, cui non sono piaciuti quei due minuti striminziti di recupero. Zero a zero era ed è rimasto, cosa che non capitava dal lontano 29 aprile 2007, Roma seconda e Lazio quarta, superstiti di quella partita Totti, De Rossi e Ledesma. Un risultato che, mini-turbolenze conclusive a parte, deve soddisfare tutti: la Roma di Garcia che vede inalterato il distacco dalla Juventus e tiene ancora a distanza di sicurezza (col permesso del Parma) Napoli e Fiorentina; la Lazio di Reja che continua la sua striscia di imbattibilità in campionato, sei partite senza sconfitte e dopo avere ospitato clienti scomodi come Inter, Juve e Roma.
Bruttino Non è stato un bel derby, anche se il primo tempo ha regalato diverse emozioni, un gol annullato a Gervinho per un fuorigioco centimetrico pescato dall’ottimo guardalinee Cariolato, e contenuti tecnici di una certa qualità. La ripresa, dopo un inizio a tinte giallorosse, è andata invece spegnendosi, per sopraggiunta stanchezza collettiva. Le sostituzioni attuate da Reja e poi Garcia hanno cercato di ravvivarla, ma alla resa dei conti tempi e modi delle medesime, come vedremo, non hanno sortito l’effetto sperato. E’ chiaro che a doversi rammaricare è soprattutto la Roma, sia per tutta la qualità depositata troppo a lungo in panchina, sia perché il calo della Lazio, prima volta in casa senza Hernanes, nell’ultimo quarto è stato davvero verticale.
Più Roma La partita, anche in forza dei 19 punti in più in classifica, l’ha fatta la Roma. Maggiore qualità e un 4-2-3-1 che come schema s’era già visto contro Genoa e Catania (due 4-0) e come formazione nei minuti iniziali del Roma-Parma dell’altra domenica sospesa per impraticabilità del campo. De Rossi e Strootman mediani davanti alla difesa, Pjanic vertice alto del triangolo alle spalle di Totti e con ai fianchi, intercambiabili, Gervinho e Florenzi. Match dominato nei numeri, tre tiri nello specchio della porta, nove fuori e il gol annullato contro un sola conclusione peraltro imprecisa della Lazio, cinque occasioni da rete (due Pjanic e Gervinho, una Florenzi) contro nessuna degna di questo nome. Tutto senza però mai essere davvero sul punto di sfondare, complice una organizzazione difensiva della Lazio assai buona. Al punto che Berisha, puntuale su Maicon, Totti e Gervinho, non ha dovuto compiere miracoli.
Il migliore Reja ha puntato forte, come sempre, su Ledesma, venendone ripagato. L’uomo ovunque, chiave dello 0-0, l’unico degno del 7 in pagella, ha fatto da frangiflutti davanti alla solita difesa di veterani, dove Dias si è elevato sul resto della compagnia. Un 4-1-4-1 dove i quattro dietro Klose sono scalati molto spesso quasi sulla linea di Ledesma, occupando con efficacia le corsie laterali, Candreva da una parte, Keita e poi Lulic dall’altra, tanto che al solo Maicon è riuscito di aprirsi la strada un paio di volte. Nel primo tempo la Lazio ha dato l’impressione, pur non impegnando De Sanctis, di essere sempre in grado di ribaltare il fronte, nella ripresa no, anche se paradossalmente la ripartenza più ghiotta è arrivata nel finale, quando il subentrato Onazi ha dilapidato l’assist di Candreva.
Quei cambi Non è sembrata una buona idea quella di Reja che dopo l’intervallo ha tolto Keita e inserito Mauri, reduce dalla lunga squalifica, ultima apparizione la finale di coppa Italia vinta con la Roma a maggio. Troppa ruggine. Negli spazi che la Roma sempre più lunga ha concesso, il ragazzino avrebbe potuto far male. Ancor meno convincente la gestione dei cambi da parte di Garcia: il lancio di Bastos, cresciuto solo nei minuti finali quando è passato a sinistra, la sua corsia, meritava situazioni meno estreme di un derby. Tanto più che Ljajic e Destro sono rimasti a languire in panchina fino ai minuti conclusivi mentre Nainggolan nemmeno quelli. Quando Garcia li ha buttati dentro togliendo, dopo Florenzi, Pjanic e il consumatissimo Totti, la Roma si è come riaccesa. Ma era ormai troppo tardi.